I quaderni californiani di Anna Mosca: «Creare poesia significa essere la sillaba che manca»

Anna Mosca torna a Monza e porta i suoi quaderni della California. Versi e fotografia per raccontare un istante sospeso e ricercato, quaderni compilati negli ultimi anni. Anche online.
Anna Mosca
Anna Mosca

Forse la California non è quella cosa lì: un mignolo e un indice e un pollice sospesi e agitati aspettando the big kahuna, la grande onda, il non ritorno di una vita. Forse quella vita è diversa, un istante, un attimo rappreso sotto un sole che dice da solo che l’istante è perfetto senza che il mare venga a dirti che è il momento per tutto. Quell’istante è quello che Anna Mosca ha cercato. O forse no, non l’ha cercato, si è semplicemente guardata intorno con l’idea di descriverlo nei i suoi California notebooks, i quaderni californiani fatti di poesia e fotografia che ha compilato negli ultimi anni, anche online, modificando radicalmente il suo rapporto con la poesia – e la vita, probabilmente.

Anna Mosca: poetessa, monzese, apolide, fotografa, ex modella, un po’ tutto, a stare a guardare. Ma oggi soprattutto il conguaglio di versi e immagini che descrivono un nuovo rapporto con la realtà. A chiederle “la tua poesia sembra sospesa nelle parole e nella costruzione semantica”, che marcia parallela tra inglese e italiano, lei dice che sì “sospendere un concetto, un’immagine, è proprio quello che voglio con la mia poesia, creare pause… di riflessione. Arriva prima l’inglese generalmente, anche se non sempre. quando devo pensare veloce, formulare un concetto, pianificare, raccontare un sogno, un progetto, un discorso d’anima, è sempre inevitabilmente in inglese. L’inglese è sintetico, diretto, incisivo, breve. Leggero, mi piace molto come lingua. Si presta molto bene al mio tipo di comunicazione artistica e viene compreso da molti”, ma se bisogna spostarsi sulla forma, sincopata, un jazz della parola, allora dice: “Georgia O’Keefe con i suoi dipinti ad olio dei fiori obbligava la gente, che stava imparando ad andare troppo di fretta, a notare il “dentro”, i dettagli di un fiore, una bellezza a portata di tutti che però veniva ignorata dai ritmi della vita. La poesia, che va necessariamente letta più di una volta per essere gustata, se posizionata in maniera strategica sulla carta diventa interessante, diventa gioco, diventa un cercare di comporre e ricomporre per dare un senso a righe e parole che spesso il lettore scriverebbe diversamente. Quando letta e riletta, quando ci colpiscono prima un versetto, poi una definizione solamente, poi un finale a sorpresa, poi una metafora, la rileggiamo e prende nuove forme, interpretazioni diverse. Diventa, per chi si concede il tempo, un gioco intelligente, una specie di Tangram e una rivelazione personale, adattabile al vissuto di ciascuno. Ho di proposito con gli anni eliminato la punteggiatura perché il lettore sia coinvolto, dedicato. La mia poesia è quasi sempre stata, passo a passo, con le mie installazioni concettuali, dove era necessaria l’attenzione e la curiosità del visitatore e quasi sempre la sua interazione”.

Anna Mosca mette l’arte in tavola: se la parola ha un senso plastico allora la sua è fatta di scultura.“Una scultura di parole e di spazi bianchi, di respiri più che di parole. è un qualcosa che vedo che intuisco, che quasi fisicamente sento sotto le mie mani. viene conosciuta solo un attimo dopo a livello mentale. Anni fa definivo scrivere poesie scolpire il mio pensiero, adesso credo di scolpire più un attimo sospeso che mi si para davanti e che, solo dopo, penso e analizzo: “se mi dispongo/ coerentemente/ tra gli spazi bianchi/ dammi un ritmo/ che sia/ tra i corpi e le anime/ che trasporti/ trasfiguri/ che trascriva/ la luce sulla curva/ morbida delle onde/ un attimo prima/ buia”(Colori estivi).

Qualche riferimento? Sandro Penna, Giuliano Mesa, Italo Testa e Giovanni Catalano. Poi Franz Wright, Li-Young Lee, Rumi, Milosz, Vera Pavlova e “altri che più che aderire ad una tradizione viaggiano per lo spazio, quello tra le parole, scritte e verbali. Poesia fatta di attesa: “Certamente meditativa e spesso silenziosa, a volte vorrei che le poesie fossero come quei pensieri dentro di noi che si manifestano come se dichiarati ad alta voce, che catturano la nostra attenzione e ci trasportano ma sono assolutamente personali e spesso non intuibili da altri. C’è sempre stato questo desiderio, questa matrice in me ma credo che spesso prima l’urlo del dolore di vivere, dell’amore finito, dell’affronto all’essere umano politico o altro era più loud, era un urlo a volume più alt o prendeva la mia attenzione”.

Quindi un nuovo inizio, per una poetessa che in questi anni ha incrociato spesso i passi di PoesiaPresente, la rassegna unica in Italia che ha condizionato alla fine anche il panorama nazionale dei versi. “Il traguardo come dicevo prima è quello di riuscire a comunicare quello che c’è, quello che abbiamo e non quello che manca, un esercizio di gratitudine detto in modo semplice, che mi ha aperto mondi nuovi. Mondi che sono pronta a vedere oggi e spero di essere in grado di mostrare ad altri. Anni fa un maestro commentò le mie poesie, che piacevano perché avevano un’alta dose di dolore e struggimento con le quali molte persone si identificavano, con una frase risoluta sul provare a scrivere sulla gioia, sulla pienezza. Gli risposi sorpresa e in maniera perentoria che la poesia tratta i dolori dell’anima e per questo risuona con gli altri. Mi parlò con dolcezza di portare questa mia abilità a suonare una melodia altrettanto bella ma di un’ottava più alta. Al tempo mi sembrava una cosa impossibile, empirica ma, devo aver aperto inconsciamente delle porte… mi sono ritrovata a lasciare i miei impegni lavorativi come docente e a viaggiare nel deserto californiano, a frequentare pochissime persone e ad assaporare una vita dai ritmi diversi. Io ero il puntino nello spazio bianco, la sillaba che mancava. È arrivato tutto e in effetti c’è stato un riscontro di lettori maggiore di quanto avrei mai potuto immaginare”.

Da sé agli altri: “Mi piace molto che quello che faccio possa arricchire altri e credo che la poesia, non solo la mia, stia avendo una rinascita nel mondo – spiega Anna Mosca – . Mi piace meravigliarmi e anche scoprire di essermi sbagliata. Ogni volta che accade è un nuovo inizio”.