Dal talent a “Talent show”: ecco l’album di esordio della monzese Alessia Luche

Ha partecipato allo Zecchino d’oro, poi un’esperienza ad “Amici”, quindi un singolo e ora l’album d’esordio: la monzese Alessia Luche racconta il suo “Talent show” e il debutto nella musica.
Alessia Luche
Alessia Luche Redazione online

È giovane, bella, simpatica e con un futuro promettente davanti. E magari con una voce straordinaria? Ebbene sì, però ha promesso che non si monterà la testa: 21 anni, cantante, Alessia Luche (alessialuche.it) il 17 aprile ha esordito con “Talent Show”, il suo primo album. Monzese di nascita e villasantese d’adozione, ha mosso i primi passi sul palco presto: lo Zecchino d’oro. Poi Amici, il CantaBrianza vinto nel 2012 e altri concorsi. Ora raccoglie i suoi frutti: ha un contratto con l’etichetta indipendente Bazee, su Facebook le richieste di amicizia si sono impennate e su YouTube le visualizzazioni crescono inesorabilmente.

Nella vita si può avere tutto, ma l’approvazione di Mara Maionchi non ha prezzo…

Assolutamente sì, e l’ho avuta alle selezioni di Amici del 2012: oltre al suo sì, ho avuto quello degli altri due giudici. Non me l’aspettavo proprio, però poi non sono riuscita ad arrivare alla composizione della classe.

Com’è stata l’esperienza di Amici?

Incredibile: ero lì per cantare, con ragazzi della mia età e che coltivavano la mia stessa passione. Certamente impegnativa, perché passavamo dodici ore agli studi a registrare e il resto del tempo in albergo. Ma soprattutto è stata fondamentale per la mia crescita artistica.

Il tuo primo album si chiama appunto “Talent Show”: fa riferimento ai talent o al talento?

A entrambi. Ai talent perché per chi sceglie questa strada sono una vetrina importante per farsi conoscere. È stato grazie ad Amici che sono stata contattata dall’etichetta Bazee, che ha prodotto l’album. Ma anche al talento, che penso di avere e spero raggiunga il grande pubblico.

Nel tuo primo singolo, “Amori Imperfetti”, racconti di amori disincantati: perché questa scelta?

Non volevamo (con l’autore, Eugenio Ciuccetti, ndr) raccontare l’amore stereotipato, di cui troppo spesso si parla, ma di quello di tutti i giorni, con i suoi aspetti negativi. Quello più reale.

Nel secondo, “Trasformazioni di me”, viaggi alla ricerca di qualcosa ma non sai cosa…

Sì, perché questa è la peculiarità della mia età: sperimentare, cambiare, fare esperienze diverse per conoscere meglio se stessi e trovare la propria strada. Cerchiamo qualcosa, ma spesso non sappiamo cosa.

In “Io vivo nella musica” canti della tua passione per la musica: come vi siete conosciuti?

Credo che ci siamo conosciuti quando ancora ero nel ventre di mia madre, perché mio padre ascoltava a tutto volume i Genesis, i Led Zeppelin e i Pink Floyd e poi me li faceva sentire quando ero bambina. Poi seguivo lo Zecchino d’oro e a nove anni ho partecipato.

E cosa ti ricordi dello Zecchino d’oro?

Ricordo di essermi divertita tantissimo, del resto eravamo tra bambini: era come essere in gita. Avevo portato “Mitico angioletto”, ma poi sono stata scartata, forse perché (scherza , ndr) ero già troppo alta.

Infine a Monza fai parte della compagnia teatrale il Veliero, dove reciti al fianco di attori con disabilità psicofisiche. Che esperienza è stata?

Fantastica. È cominciata quando avevo 16 anni e ancora adesso prosegue, impegni permettendo: mi diverte molto e mi trovo bene con tutti, ragazzi disabili e non. Con i primi ho vissuto tanti momenti fatti di piccole cose, ma mai banali e che porto nel cuore.