Vivacqua, l’omicidio inedito tra amanti e milioni di euro

La villa con piscina, belle macchine e l’elicottero. Ma l’ufficio no. Quello di Paolo Vivacqua era al piano terra di un palazzone di periferia, a Desio, con le parabole sui balconi e odori di cibi speziati, accanto a un negozio di parrucchiere. Che tra l’altro quel giorno, il 14 novembre 2011, quando fu ucciso, era chiuso. Era un lunedì.
L’interno dell’ufficio dove è avvenuto l’omicidio di Paolo Vivacqua
L’interno dell’ufficio dove è avvenuto l’omicidio di Paolo Vivacqua

La villa con piscina, le belle macchine e l’elicottero. Ma l’ufficio no. Modesto, era al piano terra di un palazzone di periferia con le parabole sui balconi e odori di cibi speziati, accanto a un negozio di parrucchiere. Che tra l’altro quel giorno, il 14 novembre di tre anni fa, era chiuso. Era un lunedì. Lì, in via Bramante da Urbino 15, a Desio, l’imprenditore Paolo Vivacqua è stato ucciso con sette colpi di pistola. In quell’ufficio, seminascosto sotto un porticato, ma sovrastato da decine di appartamenti (e di persone), Vivacqua è rimasto a terra, morto, almeno quattro ore prima che la nuova compagna romena che a giugno gli aveva dato un figlio, lo rinvenisse, alle 15.30. Era preoccupata perché da ore non rispondeva al telefono. Lui aveva ancora addosso la giacca e la sciarpa. Era appena arrivato. Addosso 1.350/milletrecentocinquanta euro in contanti e le chiavi di una Bmw serie 7, il top. Rapina? Esclusa.Un’indagine che apparentemente sembrava indirizzata verso la strada più ovvia: il regolamento di conti. Poi è emerso che se quella relazione tra Vivacqua e la giovane romena non andava a genio alla ex moglie (erano separati dal 2007) e ai figli, anche lei, la ex consorte, Germania Biondo, 48 anni, pur negando, aveva un amante, Diego Barba, di 45 anni. E questo, a Vivacqua e figli non è proprio andato giù. Barba è stato affrontato e malmenato pubblicamente con una vera e propria spedizione punitiva, in Sicilia, prima dai figli di Vivacqua e poi dall’imprenditore stesso. Un’onta. La Biondo, poi, estromessa dalle imprese di famiglia e quindi dai guadagni, ha assoldato un detective privato per scoprire dove il marito tenesse un tesoro da 6 milioni di euro, provento della vendita di un terreno di Carate divenuto “magicamente” edificabile. Insomma: per la soluzione del delitto le ipotesi più ovvie sono passate in secondo piano e a prendere il sopravvento è stata la pista economico-sentimentale. Insieme a Barba, che voleva lavare quell’affronto davanti ai compaesani, e con l’aiuto di un uomo della “stidda”, la mafia siciliana della zona di Agrigento, Salvino La Rocca, classe 1968, desiano, Germania Biondo avrebbe dato quarantamila euro di anticipo a Antonino Radaelli e Antonino Giarrana, di 53 e 31 anni, desiani, per uccidere l’ex marito. Loro lo pedinano per un po’, poi eseguono. A sparare sarebbe stato Radaelli, sceso da una moto guidata da Giarrana. Ai due, probabilmente, promesso un “premio” più cospicuo. Forse imbeccati dallo stesso La Rocca, che ha tra l’altro contribuito a pagare le spese legali, si mettono a caccia di un “tesoretto” di Vivacqua: una valigia con centomila euro. La consuocera, Franca Lo Jacono, la nasconderebbe in garage, a Desio, in via dei Mariani. I due presunti killer insieme a un “palo” la affrontano e la uccidono, con un cutter. La valigia non c’è. Giarrana in primo grado si prende l’ergastolo. A incastrare Radaelli e Giarrana per l’omicidio Vivacqua, intercettazioni e i soliti telefonini: una chiamata fatta subito dopo il delitto a La Rocca e quest’ultimo che telefona a Barba. E poi un’intercettazione in carcere durante la quale Radaelli cita l’ora dell’omicidio, allora non ancora resa nota.