Vimercate: «Il brigadiere Salvatore Incorvaia è stato ucciso, ci sono le prove»

VIDEO Cold case - La famiglia del brigadiere Salvatore Incorvaia, trovato morto a Oreno di Vimercate nel 1994, non si arrende e chiede di riaprire il caso. Il criminologo Lavorino: «Ora ci sono le prove, è stato ucciso»
Il criminologo Salvatore Lavorino con la sorella di Salvatore Incorvaia, Sabina
Il criminologo Salvatore Lavorino con la sorella di Salvatore Incorvaia, Sabina Fabrizio Radaelli

«Chi ha ucciso Salvatore Incorvaia? E perché?». Sono queste, ormai, le domande che si rivolgono papà Giuseppe, 85 anni – cavaliere dell’Arma in pensione – e i figli Sabina e Gianmarco, i fratelli di Salvatore, brigadiere dei carabinieri – vicecomandante della caserma di Vimercate – trovato morto, ucciso da un colpo di pistola alla tempia, nella sua auto, un’Audi 80, la mattina del 17 giugno 1994 a Oreno. La tesi ufficiale, da quel giorno di quasi estate di 22 anni fa è che il carabiniere si sia ucciso. Così appurarono i colleghi dell’Arma con i rilievi e il medico legale, tanto che il caso si chiuse in fretta con una archiviazione.

Ma i familiari hanno sempre sostenuto che sia stato assassinato; nel 2010 attraverso l’avvocato Francesco Mongiu ottennero la riesumazione del cadavere e una nuova perizia medico-legale ma senza risultati, la Procura non cambiò idea. Ma ora ci si è messa la scienza: nuove scoperte, indagando a distanza sulla scena del crimine, effettuate dal professor Carmelo Lavorino, uno dei più noti criminologi italiani che ha lavorato a casi come il delitto di Cogne, di Serena Mollicone e del piccolo Tommy Onofri: «Dimostrano al 100% che Incorvaia è stato ucciso».

Attraverso l’avvocato Eduardo Rotondi sono state presentate due nuove istanze al gip monzese Pierangela Renda perché chieda al pm una consulenza tecnica sulle nuove scoperte: «E possano essere riascoltate tutte le persone già sentite allora». Le piste? «Il lavoro, gli amici, la famiglia» dice il legale. Il gip dovrebbe decidere entro la prossima settimana.

Il criminologo ha lavorato per un anno su tutte le indagini precedenti, soprattutto sul materiale fotografico dell’epoca, oltre che sulle risultanze della nuova perizia del 2010 sul cadavere. Si è potuto avvalere di nuove tecniche che vent’anni fa non esistevano. Ha potuto addirittura appurare – attraverso una autopsia psicologica sul cadavere – che la vittima non aveva tendenze suicide.

Ma è stato soprattutto il sangue, o meglio, le tracce, gli schizzi ematici, a portare Lavorino e il suo pool a dire che no, il brigadiere Incorvaia non si è ucciso: «Non c’erano tracce ematiche e solo pochi residui di polvere da sparo sulla mano che avrebbe impugnato la pistola».

Ma l’elemento nuovo sono otto piccole macchie di sangue trovate sulla manica destra della giacca: «Tutte rivolte verso il basso, impossibile se avesse tenuto sollevato il braccio per spararsi». E poi, a causa dello sparo, di sangue ce ne doveva essere sulla spalla destra e sul vetro sinistro dell’auto: invece nulla. Inoltre Incorvaia si sarebbe sparato senza posare la canna alla tempia, anomalo, canna tra l’altro pulita, senza tracce ematiche all’interno. Infine, attraverso una ricostruzione tridimensionale è stato dimostrato che la traiettoria di uscita del proiettile dal capo del carabiniere non coinciderebbe con quella dell’ogiva dello stesso trovata infilata nel montante dell’auto, venti centimetri più in basso.

«È stato ucciso all’esterno dell’auto e poi, una volta morto, hanno inscenato il suicidio». Chi è stato? «Nomi non ne posso fare, questione di deontologia e di opportunità» dice l’avvocato Rotondi. Ma papà Giuseppe li ha fatti eccome. «Sono nelle carte dell’inchiesta» dice il professor Lavorino. Sono cinque persone che Giuseppe Incorvaia ha querelato considerandoli responsabili del “depistaggio” (ma non indagati in quanto non è mai stato aperto un fascicolo per omicidio). Così lo definisce anche Lavorino: «Un depistaggio professionale effettuato da mani esperte». Che critica anche quell’indagine di 22 anni fa: «Intenzionalmente fatta male». Ecco quindi il suicidio inscenato con la semiautomatica Beretta calibro 9 appoggiata sul grembo e l’ogiva di un proiettile conficcata nell’auto: «Proiettile sparato successivamente». Ma perché Incorvaia sarebbe stato ucciso? «A Oreno si spacciava droga e il brigadiere aveva deciso personalmente di mettere la zona sotto controllo e lì è stato trovato morto. Ma che interesse avevano gli spacciatori a inscenare un finto suicidio?».