Tra narcos e ‘ndrangheta: arrestati padre e figlio di Lazzate

Padre e figlio arrestati con l’accusa di aver partecipato ai traffici di droga tra i narcos colombiani e la ‘ndrangheta, per una partita di cocaina da un milione di euro. Ci sono anche due lazzatesi nell’inchiesta ‘Area 51’, che nei giorni scorsi ha portato i carabinieri del Comando provinciale di Milano e dei Ros ad arrestare 21 persone.
L’inchiesta si chiama “Area 51”
L’inchiesta si chiama “Area 51”

Padre e figlio arrestati con l’accusa di aver partecipato ai traffici di droga tra i narcos colombiani e la ‘ndrangheta, per una partita di cocaina da un milione di euro. Ci sono anche due lazzatesi nell’inchiesta ‘Area 51’, che nei giorni scorsi ha portato i carabinieri del Comando provinciale di Milano e dei Ros ad arrestare 21 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, e di numerosi episodi di cessioni di cocaina.

I capi dell’organizzazione erano i boss della «locale» Gallace, che controlla la zona di Guardavalle (Catanzaro). Si tratta di Giuseppe e Bruno P., 56 e 25 anni, il primo nato a Bova Marina, in provincia di Reggio Calabria, il secondo a Cantù. Sono accusati in particolare di reati inerenti lo spaccio di sostanze stupefacenti, in concorso con altri sette indagati, in relazione all’importazione di “ingenti quantitativi di cocaina”, raggiungendo un “accordo sul prezzo sulla qualità e sulla quantità dello stupefacente, pattuito con emissari colombiani”.

Ai narcos del paese latinoamericano, tra agosto e settembre 2016, sarebbero stati consegnati, secondo la tesi della procura distrettuale, “non meno di 490mila euro”, oltre ad ulteriori “360mila euro”, sequestrati il 4 settembre a Casale Monferrato. Reato aggravato dalla circostanza di aver “favorito” la cosca di ‘ndrangheta dei Gallace, attiva a Guardavalle, Arluno (Milano), Anzio e Nettuno (Roma). Padre e figlio sarebbero coinvolti nel narcotraffico, in veste di partecipanti alla cordata di “finanziatori”.

Il figlio avrebbe organizzato e presenziato a un incontro del 30 settembre scorso con l’altro indagato Davide M., 47enne di Cardano al Campo (Varese), al quale, al Mc Donald’s di Lainate, avrebbe consegnato un “telefono cellulare con scheda intestata a prestanome, al fine di consentire comunicazioni protette tra sodali”. Accusa analoga per il padre, in relazione alla sua presenza ad un altro incontro nello stesso luogo a maggio.

Negli atti dell’inchiesta, inoltre, Giuseppe P. viene definito “come soggetto di elevato spessore criminale, sebbene formalmente incensurato, inserito nel contesto del traffico internazionale di droga”. Dalle carte emerge un suo vecchio arresto del 1989 da parte della polizia tedesca. Ed è fratello di un ricercato, sempre per fatti di droga, da parte della Dda di Venezia.