Tettamanzi: gli ultimi anni in Brianza, a Renate e Triuggio

Nel giugno 2011 Benedetto XVI accolse la sua rinuncia all’ufficio di Arcivescovo nominando Angelo Scola suo successore. Tornò subito nella sua Brianza: grande festa a Renate e poi destinazione Triuggio, a Villa Sacro Cuore
Tettamanzi con i ragazzi in oratorio a Triuggio
Tettamanzi con i ragazzi in oratorio a Triuggio Michele Boni

Fu nel giugno 2011 che papa Benedetto XVI accolse la rinuncia all’ufficio di Arcivescovo presentata dal cardinale Tettamanzi e nominò successore Angelo Scola. A settembre ci fu il saluto all’arcivescovo venuto dalla Brianza. E alla sua Brianza Tettamanzi subito volle ritornare. Prima con una grande festa nella sua amata Renate, poi con la nuova destinazione, a villa Sacro Cuore di Triuggio. Nel 2015 gli venne attribuita la benemerenza della Provincia di Monza e Brianza. Il cardinale può essere considerato il padre dell’onorificenza, dato che fu lui a indicare monsignor Luigi Talamoni come patrono speciale della Brianza il 3 ottobre 2004, in occasione della traslazione della salma del beato nel Duomo di Monza.

Al Corberi di Limbiate. La sua voglia di stare in mezzo alla gente non venne mai meno neppure con l’età e con il nuovo ruolo. Tettamanzi girò instancabilmente la Brianza, sempre con quello spirito di umiltà, sobrietà e solidarietà che gli appartenevano. Su tutti, il ricordo di due momenti che dedicò alla sua terra d’origine. Per diversi anni, sino al 2016, divenne un appuntamento fisso la visita e la messa, la notte di Natale, all’ospedale Corberi di Limbiate. Qui, con i disabili, gli ospiti, gli operatori e i volontari del polo ospedaliero psichiatrico ha sempre ribadito: “Vorrei vivere così tutte le celebrazioni: al Corberi si riscopre l’umanità”. Così come quell’umanità speciale venne messa da lui in evidenza nella Pasqua 2016.

Tra i detenuti di Monza. Allora l’arcivescovo emerito di Milano, arrivò a Monza, tra i detenuti nel carcere di via Sanquirico. “Vi sono entrato come un prete che la domenica entra nella chiesa della sua comunità parrocchiale per celebrare l’Eucaristia. La vostra infatti può dirsi, in qualche modo, una parrocchia: una parrocchia non piccola piccola, perchè so che in questo carcere sono ospitati circa 600 detenuti e circa 400 agenti di polizia penitenziaria. Ma la vostra è una parrocchia “speciale”, avente come cammino d’impegnarsi non semplicemente alla doverosa “punizione” ma soprattutto alla “riabilitazione”, anche se quest’ultima trova in voi difficoltà ad ottenere i benefici necessari e ad avere possibilità concrete di lavoro”. E’ il miglior ricordo di un pastore tra la gente e per la gente, sempre. Di un arcivescovo della Brianza, che volle sempre “viversi” tra la gente.