Tasse locali, l’allarme della Corte dei Conti: in tre anni aumentate del 22%

«Quando eravamo noi sindaci a denunciare questa situazione venivamo accusati di autodifesa». Roberto Scanagatti, primo cittadino di Monza e presidente lombardo di Anci non è per nulla sorpreso dei numeri diffusi sabato 1 agosto dalla Corte dei Conti sulle tasse locali aumentate del 22 per cento in tre anni.
Roberto Scanagatti, sindaco Pd di Monza  e  presidente lombardo dell’Anci, l’associazione nazionale  dei Comuni
Roberto Scanagatti, sindaco Pd di Monza e presidente lombardo dell’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni

«Quando eravamo noi sindaci a denunciare questa situazione venivamo accusati di autodifesa. Che succederà ora che è stata confermata dalla Corte dei Conti?» si domanda Roberto Scanagatti, primo cittadino di Monza e presidente di Anci, l’associazione nazionale dei comuni, della Lombardia, per nulla sorpreso dei numeri diffusi sabato 1 agosto dalla Corte dei Conti sulle tasse locali aumentate del 22 per cento in tre anni.

«Come Comuni- continua il primo cittadino del Pd- subiamo da troppo tempo drastici tagli da Roma e i sindaci, per poter mantenere i servizi, sono stati costretti ad aumentare le tasse locali, comunque sempre in maniera minore rispetto alle decurtazioni statali».

Dal 2011 al 2014 la pressione fiscale dei comuni è passata dai 505,50 euro pro capite del 2011 fino ai 618,4 dell’anno scorso, spiegano i giudici contabili nella relazione sugli andamenti della finanza territoriale. Inoltre, sempre secondo la Corte dei conti, in cinque anni, tra il 2010 e il 2014, i comuni hanno subito tagli per circa 8 miliardi di euro.

«Ma questo è vero a metà- sottolinea il sindaco di Monza- accanto a questi otto miliardi ne vanno aggiunti altrettanti del patto di stabilità, soldi che sono a disposizione ma non si possono spendere». La magistratura contabile sottolinea che i livelli massimi di riscossione tributaria pro capite si registrano nei comuni di fascia alta (oltre 249mila abitanti i cui valori sono pari a 881,94 euro per abitante e quelli che vanno da 60.001 a 249.000 abitanti con 694,69 euro per abitante). A seguire i comuni della fascia più bassa (da 1 a 1.999 abitanti) con 628,80 euro per abitante.

«Per bilanciare la riduzione dei trasferimenti correnti dallo Stato, gli enti locali hanno inasprito la pressione fiscale – continua la relazione – grazie, peraltro, a una disciplina del patto di stabilità interno ancorata al criterio dei saldi finanziari; mentre le Regioni, non potendo azionare la leva fiscale in mancanza di sufficienti spazi finanziari concessi dal patto per spese aggiuntive, hanno compresso le funzioni extra-sanitarie e sacrificato, soprattutto, le spese di investimento».

La Corte spiega che «il radicarsi di un meccanismo distorsivo, per cui il concorso degli enti locali agli obiettivi di finanza pubblica pesa, in ultima istanza, sul contribuente in termini di aumento della pressione fiscale, trova origine nei pesanti e ripetuti tagli alle risorse statali disposti dalle manovre finanziarie susseguitesi dal 2011, cui fa eco il cronico ritardo nella ricomposizione delle fonti di finanziamento della spesa, necessaria per garantire servizi pubblici efficienti ed economici».

Sindaco, e ora come se ne esce? «Prima di tutto- è la ricetta di Scanagatti- lo Stato smetta di tagliare soldi ai Comuni. In seconda battuta lasci sul territorio l’intero gettito del patrimonio immobiliare degli enti locali». E che pensa della volontà del premier Renzi, piddino come lei, di abolire la tassa sulla prima casa? «Ben venga questa decisione- conclude Scanagatti- noi sindaci non siamo il partito delle tasse. Mi domando solo che provvedimenti adotterà il governo per sopperire al minor gettito. Introdurrà nuovi tagli e nuove tasse?»