Svelato il mistero dei pali nel fiume Adda: sono un’antica trappola usata per pescare

L’Adda in secca fa affiorare dei misteriosi pali. Fiorenzo Mandelli, storico custode del santuario della Rocchetta di Cornate, svela il mistero: è quanto rimane di un’ingegnosa trappola utilizzata per pescare.
Fiorenzo Mandelli, il custode dell’Adda, davanti ai pali misteriosi
Fiorenzo Mandelli, il custode dell’Adda, davanti ai pali misteriosi

«In tutti questi anni il fiume ha coperto il legno, quasi a volerlo proteggere, affinché ci potesse raccontare un altro piccolo pezzo della storia delle nostre genti». L’ha commentata così, la recente finestra sulla storia recente che il fiume gli ha indicato. Fiorenzo Mandelli, custode del santuario della Rocchetta, osserva quotidianamente il fiume. E all’occhio attento, la natura ha restituito un curioso “segreto” del recente passato. Un passato che parla di piccoli ma ingegnosissimi pescatori.

Sono più di 20, i pali conficcati nel fondo del fiume Adda nel tratto visibile dallo sperone della Rocchetta. «Da molto tempo avevo notato la loro presenza – ha raccontato Mandelli – Già negli inverni passati, quando si abbassava il livello dell’acqua, mi sono avvicinato per osservarli meglio; lo stesso quest’estate: con la siccità che c’è stata, erano molto ben visibili. Negli anni ho chiesto a molte persone anziane di questi luoghi, e in base ai loro ricordi e alle loro risposte ho concluso che questi pali servivano per pescare».

Alcune decine di anni fa (non troppe, perchè i “vecchi” di oggi hanno visto queste scene) a questi pali venivano legate alcune gabbie in ferro pensate per la pesca. «Venivano posizionate in prossimità dei pali, e questi ultimi servivano spesso anche per attraccare le barche dei pescatori – ha raccontato il custode – All’interno di ogni gabbia veniva introdotta la femmina del tipo di pesce che si intendeva catturare, in base al periodo riproduttivo: la sua presenza attirava un gran numero di esemplari maschi che entravano nella gabbia attraverso un buco da cui, però, non erano più in grado di uscire». Depositate sul fondo del fiume per un certo periodo, le gabbie venivano poi recuperate dai pescatori una volta piene di prede.

Un piccolo ma molto curioso dettaglio, quello individuato da Fiorenzo, che va ad aggiungere una tessera alla storia trascorsa, assieme alle correnti dell’Adda. Da notare il fatto che, pur trattandosi di un aneddoto non particolarmente remoto (nei primi decenni del Novecento era ancora in uso), la sua ricaduta nel “dimenticatoio” si potrebbe imputare anche alla poca visibilità della zona. I pali sono infatti ben individuabili, alla presenza di acque basse, dalla Rocchetta: da qui si gode di un’ampia prospettiva dall’alto. Prima dell’intervento di Mandelli (di pulizia della zona, di potatura della vegetazione prosperante) la visione dallo sperone su cui si erge il santuario era, tuttavia, in gran parte impedita o limitata.