Subì molestie in classe, scrive al presidente Mattarella: «Perché non capiti ad altre»

La storia di un’aggressione a scuola a Besana, rimasta impunita nonostante la denuncia. Una studentessa che a 15 anni venne molestata in classe in un momento di assenza dei professori e che oggi, adulta e sposata, ha scritto al presidente Mattarella.
Classe lavagna banchi scuola
Classe lavagna banchi scuola

Una riga dopo l’altra, lo scorrere della lettura porta con sé sentimenti di indignazione, paura, orrore. «Una voragine di rabbia, impotenza, abbandono». È quella che Stella ha messo in una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Affidata alla giornalista Cristina Obber, presente alla Camera dei deputati per un evento nella Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

La storia di un’aggressione a scuola, rimasta impunita. «Avevo 15 anni Presidente – inizia così la missiva -. Frequentavo la prima liceo artistico a Besana Brianza. Un giorno durante l’assemblea di classe, senza insegnanti presenti, un gruppetto di tre compagne e un compagno cominciano a farmi il solletico e mi spingono contro la parete dell’aula. Ridono, rido anche io, mi ritrovo a terra. A quel punto le tre ragazze mi immobilizzano braccia e gambe e il ragazzo mi alza la maglia e poi il reggiseno, e sento freddo, e poi mi sbottona i jeans, li abbassa. Io ho smesso di ridere ma non riesco a liberarmi. Vedo le facce degli altri compagni che guardano allibiti tutti intorno ma nessuno mi aiuta. Mi dimeno, ma loro sono più forti e il ragazzo mi abbassa anche le mutande. Non capisco cosa stia succedendo. Mi tocca il seno. Quando la sua mano fa per scendere riesco a tirare fuori una forza che mi sembra sovrumana e mi libero dalla presa. Scappo nel bagno della scuola in lacrime e telefono a mia madre. Lei arriva, andiamo dalla preside; io sono in stato confusionale, una prof mi ha soccorsa vedendomi in lacrime, disperata. La preside cerca di minimizzare e ci chiede di non denunciare. Io non so che fare, sono terrorizzata, mi fido di mia madre e andiamo dai carabinieri».

Per l’adolescente inizia un periodo buio, condito di minacce di morte dai compagni e delle pressioni della preside.

Ci vogliono 8 anni per arrivare a sentenza: «Otto anni per sentirci dire che quelle ragazze e quel ragazzo erano nell’età della stupidera e non si erano resi conto di quello che avevano fatto e che qualche mese di attività di volontariato avrebbe sistemato tutto. Nessun risarcimento. La sensazione di non valere niente. Perchè io non cercavo vendetta, io cercavo una giustizia che mi dicesse che non era giusto quello che mi era stato fatto».

Stella, oggi sposata, chiude con un appello al presidente Mattarella: «Non voglio che quello che è accaduto a me continui ad accadere a tante ragazze. Confido nel Suo impegno perché non sia più così. È un nuovo 25 novembre. Le parole non bastano Presidente, le chiedo di fare di più. Cosa farà Presidente, cosa fará?».