“Secondo nome: Huntington”: i designer inventano gli strumenti per vivere con la malattia

Una mostra alla Triennale di Milano per il progetto realizzato da Ideas bit factory (figlio dello studio monzese Ghigos) per rispondere alle esigenze di vita quotidiana di chi è colpito dalla malattia di Huntington.
Uno dei progetti di Secondo nome: Huntington
Uno dei progetti di Secondo nome: Huntington Fasiello

Cos’è Huntington? Un nome, o un cognome, ma più comunemente una malattia neurodegenerativa genetica che colpisce soprattutto la popolazione occidentale, si manifesta intorno alla mezza età (tra la seconda metà dei trenta alla prima dei quaranta) e che offre una prospettiva di vita intorno ai venti anni. Prima i problemi di coordinamento muscolare, poi il declino cognitivo e i problemi psichiatrici. Si possono trattare in parte i suoi sintomi, ma una cura non c’è.

È possibile restituire un po’ di abilità però, ora anche grazie al design. Di questo parla la mostra aperta alla Triennale di Milano con il coordinamento dello studio Ghigos Ideas di Monza, che dopo avere vinto il bando creattivi della Camera di commercio di Monza e Brianza con il fablab/makerspace Ideas bit factory ha sviluppato “Secondo nome: Huntington – Design for All, Design for Huntington”: è il lavoro di quindici designer e di tutti i makerspace/fablab di Milano.

Fino al 30 luglio sarà possibile vedere i progetti realizzati in un anno con il coinvolgimento di “familiari, designers, biologi, ricercatori e fablab/makerspace milanesi, tutti chiamati a mettersi in gioco e fare rete per riflettere insieme sulla malattia con uno sguardo distante da tabù, stereotipi e pregiudizi che troppo spesso accompagnano l’Huntington. Una malattia che, come un secondo nome, il destino attribuisce alla persona: un’eredità familiare che da quel momento la accompagna, diventando parte integrante della sua identità” scrive la presentazione della mostra curata da Davide Crippa.

“L’Huntington (scient. Còrea Major) è una patologia ereditaria degenerativa del Sistema Nervoso Centrale che colpisce le persone nel pieno della loro vita (tendenzialmente tra i 30 e i 50 anni) andando a modificarne completamente le abitudini quotidiane, le capacità cognitive e l’autonomia, poiché è caratterizzata da movimenti involontari patologici, gravi alterazioni del comportamento e un progressivo deterioramento cognitivo”. In Italia sono circa 150mila le persone colpite direttamente o indirettamente, perché non si tratta di un fatto individuale: la malattia “abita il singolo ma diviene tanto rapidamente quanto naturalmente una questione familiare. I pensieri, le aspettative, i sogni di ognuno ne sono inevitabilmente coinvolti, assorbiti, interrogati senza scelta, così come lo spazio, il tempo, la casa”.

Ideas bit factory ha provato a raccontare l’Huntington, immaginando prodotti pensati per i malati ma utilizzabili da tutti. “Viene così ribaltata la prospettiva che solitamente sottende l’approccio dei prodotti per disabili: con la mostra nasce un variegato microcosmo di possibilità volte all’aumento della qualità della vita dei malati di Huntington e dei loro familiari – spesso i principali se non unici caregiver – tramite una sensibilità progettuale che proponga prodotti funzionali accessibili a tutti, rendendo la quotidianità più semplice e superando la visione convenzionale della disabilità come qualcosa che va aggiustato”.

«Come capita in molti casi in mostra questi progetti prendono spunto da un racconto personale di alcuni familiari dei malati – scrive Crippa – e così che uno dei primi sintomi (ad esempio da Andrea) dà origine al progetto “Handy” di Brian Sironi che ripensa un tappo di una Bic per rendere più semplice coordinare i movimenti per chiudere la penna a sfera. Oppure il racconto della soluzione immaginata dalla moglie di un malato per rendere la casa più sicura per muoversi ma non simile ad un casa di un malato ….. riempire il corridoio e il soggiorno di maniglie per potersi aggrappare quando ci si sposta dà vita al progetto “Handle” di Larcher dove le maniglie diventano il tema estetico di una collezione di mobili e oggetti per la casa».

Sempre collegate a storie di vita sono il lenzuolo “Duo” di Ghigos che mischiando due diversi filati crea un lenzuolo molto più resistente (dalla parte del malato che continua a muoversi in maniera involontaria) e più delicato (dalla parte del coniuge sano) o anche il progetto “Open & comfort” di Lorenzo Damiani si immagina un poetico oggetto per facilitare l’apertura delle fialette di vetro dei medicinali.

In mostra i progetti di designer come Alessandro Guerriero, Lorenza Branzi e Nicoletta Morozzi, Lorenzo Damiani e Brian Sironi e i vincitori del concorso under 35 “…ma così è la vita! Junior design contest”. «Sono storie di vita quotidiana, frammenti di routine familiari che svelano equilibri sospesi tra il coraggio e la paura del presente, che ci raccontano gesti ordinari, ma talvolta insormontabili; sono problemi da osservare con delicatezza, un mondo di disabilità che si ribella alla dimenticanza, codici della normalità da rimettere in discussione – ha detto il curatore Crippa – sono attimi, paure, nudità sfuggenti; sono tentativi di autonomia e rivendicazioni di gioia; sono storie di cura e di amore, di perdite e di conquiste, di paure e di sollievi. Sono progetti come ‘racconti fragili’ composti per dare forma a un manifesto del progetto debole, un manifesto per la Malattia di Huntington».

I designer
Damiano Alberti, Lorenza Branzi, Tommaso Brillo, Lorenzo Damiani, Daniele Enoletto e Angelo Passariello, Ghigos, Sirine Graiaa con Elodì Malacarne e Giulia Massacesi, Alessandro Guerriero, Claudio Larcher, Nicoletta Morozzi, Claudia Scarpa, Serpica Naro, Brian Sironi, Sovrappensiero, Tecnificio

La mostra

Secondo nome: Huntington
Design for All, Design for Huntington
30 giugno – 30 luglio 2017
Triennale di Milano
viale Alemagna 6, Milano
martedì-domenica: 10.30-20.30, chiuso il lunedì