’Ndrangheta, condannati Pino Pensabene e la nuova cosca di Desio

Trenta condanne da parte del gup del tribunale di Milano per Pino Pensabene e la “nuova cosca della ’ndrangheta” di Desio, come è stata definita dagli investigatori della squadra mobile e dalla direzione distrettuale antimafia.
Un’immagine raccolta dalla Polizia di Stato durante l’operazione Tibet
Un’immagine raccolta dalla Polizia di Stato durante l’operazione Tibet Fabrizio Radaelli

Condannata la “nuova cosca di Desio”, come era stata ribattezzata a marzo dello scorso anno dagli investigatori della Squadra Mobile e della Direzione distrettuale antimafia. La sentenza del gup del tribunale di Milano è arrivata nella tarda mattinata di venerdì 26 giugno. Più di 30 le condanne, da un minimo di un ano e mezzo, fino ai 15 anni e 3 mesi pronunciati nei confronti di Pino Pensabene, definito “nuovo reggente del locale di ‘ndrangheta di Desio”, anche se gestiva la cosiddetta “banca clandestina” da un retrobottega di Seveso. Otto anni e un mese per il desiano Domenico Zema, 10 anni per Maurizio Morabito, considerato il braccio destro di Pensabene, 8 anni e 10 mesi per l’altro desiano, Annunziato Bovini, 4 anni e 6 mesi per l’imprenditore brianzolo Fausto Giordano (di Biassono), 7 anni per Giuseppe Vinciguerra, di Bovisio Masciago, 8 anni per Vincenzo Cotroneo. Un anno e mezzo per il desiano Rosario Marrone, coinvolto in misura minore nella vicenda (non era accusato di associazione mafiosa come gli imputati principali).

Unico assolto (con formula piena): Silvano Napolitano, di Carate Brianza, che era finito a giudizio per riciclaggio e dichiarazione fraudolenta. Grande “soddisfazione”, relativamente alla posizione di Napolitano, è stata espressa dai difensori Ivan Colciago e Raffaele Della Valle. Il processo, celebrato con il rito abbreviato, si è svolto nell’aula bunker del carcere di San Vittore. Pensabene secondo la tesi della Dda, gestiva una sorta di sistema di credito parallelo, a cui anche molti imprenditori brianzoli si sono rivolti per creare fondi neri.

Pensabene era sottoposto alla misura dell’obbligo di soggiorno a Seveso per la durata di 3 anni, in virtù di un provvedimento emesso nel 2011 dal tribunale di sorveglianza di Milano, sezione misure di prevenzione, che aveva disposto il relativo sequestro di beni e partecipazioni societarie per addirittura 10 milioni di euro. Eppure, nonostante le restrizioni imposte dall’autorità giudiziaria, Pino Pensabene, considerato il nuovo reggente della cosca di Desio, avrebbe comandava dal suo “tugurio” di Corso Isonzo un giro di usura, estorsioni, e riciclaggio per milioni di euro. Il tutto grazie di una “spiccata capacità violenta ed intimidatrice dell’associazione criminale”, come scriveva un anno fa il gip Simone Luerti nell’ordinanza di custodia cautelare. Pensabane, secondo le accuse erano uno che sapeva come farsi rispettare, o come indurre il debitore più riluttante a pagare, ma anche uno prudente, che rifletteva prima di usare le maniere forti. Per lui, il pm Giuseppe D’Amico aveva chiesto 17 anni. Ne ha presi 15.