’Ndrangheta a Desio: il tribunale condanna il rottamaio e il chirurgo

Sentenza per la ’ndrangheta a Desio: il rottamaio Ignazio Marrone dovrà scontare 14 anni di reclusione, il chirurgo Arturo Sgrò 4 anni e 8 mesi. Per il medico l’accusa di associazione a delinquere riqualificata in concorso esterno in associazione mafiosa.
Le armi sequestrate a Ignazio Marrone
Le armi sequestrate a Ignazio Marrone

Condanna per il rottamaio e il chirurgo. La sentenza è stata pronunciata giovedì: 14 anni di reclusione per Ignazio Marrone, autodemolitore di Desio, 4 anni e 8 mesi per Arturo Sgrò, nei confronti del quale i giudici hanno riqualificato il reato di associazione a delinquere in quello di concorso esterno in associazione mafiosa.

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Al medico originario di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), accusato assieme a Marrone di aver preso le redini del locale di ‘ndrangheta di Desio, sono state riconosciute anche le attenuanti generiche e quella della «minima partecipazione». Per il professionista dell’ospedale milanese di Niguarda la richiesta di pena del pm della Direzione distrettuale antimafia Cecilia Vassena era stata di 10 anni. Sentenza più dura nei confronti di Marrone (sul quale pesava anche l’accusa di detenzione di armi), condannato a 14 anni, a fronte di una richiesta a 15. Motivazioni della sentenza attese entro 90 giorni, dopo i quali sembra scontato il ricorso in Appello da parte delle difese.

«A distanza di 2 anni dagli arresti della maxi inchiesta Infinito cambia il nome e il volto di chi si occupa delle questioni del locale di Desio, il cui modus operandi, comunque – l’intimidazione, i contrasti regolati direttamente dalla ‘casa madre’ calabrese – resta invariato», aveva detto il pm nel corso della requisitoria. Il blitz dell’estate 2010, segna uno spartiacque nella storia del contrasto alla malavita organizzata calabrese in Lombardia, che viene privata dei suoi leader, ma non per questo debellata. La requisitoria è stata l’occasione per fotografare la realtà della ‘ndrangheta in Brianza, realtà ormai consolidata da generazioni, ma con il riferimento fisso alla Calabria.

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Ne è un esempio l’attentato dinamitardo subito da Marrone, dopo il quale, documentano gli atti delle inchieste giudiziarie di questi anni, arriva il messaggio dalla Calabria all’autore Candeloro Pio (figura di spicco del clan di Desio) di «non fare il passo più lungo della gamba», come gli ammonisce il boss Saverio Moscato. Marrone, secondo il pm Vassena, «mostra piena devozione alle famiglie di riferimento della ‘ndrangheta di Desio, lo dice nelle intercettazioni quando dichiara di essere stato in carcere a Opera per due anni, e di aver fatto ‘scuola con la gente giusta’». Nella sede di autodemolizioni di Marrone, dunque, «è un viavai di esponenti della criminalità organizzata».

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Marrone e Sgrò sono stati raggiunti da misura cautelare e condotti in carcere a gennaio 2016. All’epoca del suo arresto, gli inquirenti facevano riferimento a presunte visite e interessamenti da parte di Sgrò alla condizione sanitaria di vari esponenti mafiosi.