Monza, l’assenteista del Comune se la cava con 250 euro (per ora)

Una trattenuta di 50 euro al mese in busta paga per cinque mesi per un totale di 250 euro. È questo quanto dovrà pagare, per ora, una dipendente del Comune di Monza come risarcimento per le presunte omissioni e falsificazioni dell’orario di lavoro.
Monza, il municipio di piazza Trento
Monza, il municipio di piazza Trento

Una trattenuta di 50 euro al mese in busta paga per cinque mesi per un totale di 250 euro. È questo quanto dovrà pagare, per ora, una dipendente del Comune di Monza come risarcimento per le presunte omissioni e falsificazioni di orari di ingresso e di uscita dall’ufficio comunale.

La condotta della signora impiegata all’ufficio sportello procedimenti sanzionatori è finita sotto la lente di ingrandimento anche del Tribunale di Monza con un atto di avvio di procedura penale notificato il 7 luglio scorso.

Secondo quanto viene riportato negli atti il procedimento a carico della dipendente comunale è così motivato: «Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, in qualità di addetta dell’ufficio sportello procedimenti sanzionatori, con artifizi e raggiri, consistiti dapprima nell’attestare la presenza in ufficio mediante timbratura d’ingresso e poi nell’omettere la stessa per usufruire del permesso di uscita, induceva in errore l’ente comune sull’effettiva presenza della predetta dipendente procurando un danno per il pubblico ufficio».

Il Tribunale ha individuato il Comune di Monza come soggetto offeso da tale comportamento. Il Comune per il momento si limita a prendere provvedimenti disciplinari: «Le imputazioni ascritte alla dipendente, in quanto riferite a limitati episodi, non consentono l’individuazione di eventuali danni per l’ente e neppure una loro quantificazione, le condotte contestate rilevano maggiormente sotto il profilo disciplinare». Pertanto il Comune di Monza si accontenta di 250 euro di offerta risarcitoria (suddivisi in cinque rate, quindi giusto 50 euro per volta), riservandosi comunque, all’esito del giudizio penale, di riaprire il procedimento disciplinare.