Monza, irruzione di Casa Pound in consiglio comunale

FOTO - VIDEO - Un’irruzione di Casa Pound con i residenti di via Asiago nell’aula del consiglio comunale di Monza ha costretto lunedì sera all’interruzione della seduta e all’intervento delle forze dell’ordine.
Monza Irruzione Casa Pound consiglio comunale
Monza Irruzione Casa Pound consiglio comunale Fabrizio Radaelli

Un’irruzione di Casa Pound con i residenti di via Asiago nell’aula del consiglio comunale di Monza ha costretto lunedì sera all’interruzione della seduta e all’intervento delle forze dell’ordine. I manifestanti hanno srotolato uno striscione con la scritta “Basta business dell’accoglienza” mentre tra lo sventolio di bandiere tricolori sono state lanciate critiche all’amministrazione e al sindaco “che non difende i cittadini ma preferisce dare la casa ai clandestini invece di tutelare i cittadini monzesi e italiani in emergenza abitativa”.

L’amministrazione ha risposto con il silenzio. Per una mezzora le voci di alcuni abitanti di via Asiago si sono confuse con quelle dei contestatori che, poco dopo, sono stati allontanati dalla Polizia.

«Vergogna» è il termine che è risuonato più volte dalle gradinate del pubblico. L’arrivo dei manifestanti, provenienti da fuori Monza, non è stata una sorpresa: parecchi consiglieri, soprattutto di maggioranza, avevano orecchiato in anticipo del blitz e i volti di sindaco e assessori si sono incupiti quando, uno dopo l’altro, i militanti sono entrati.

Per accendere la miccia è bastato che il leghista Alberto Mariani, con un fuori programma, portasse il discorso sul condominio in cui da oltre un anno è ospitato un centinaio di richiedenti asilo: gli inquilini sono rimasti seduti mentre gli altri si sono alzati e hanno aperto le danze.

«Perché non risponde alle mie mail? Potrei essere sua figlia» ha domandato una giovane residente a Roberto Scanagatti. «Siamo stufi – ha aggiunto un condomino – diteci almeno una parola: finora siete riusciti solo a proporre il trasferimento dei profughi all’Ospedale vecchio sapendo che la Regione non avrebbe accettato».
«Siamo stati costretti – si è quasi giustificato qualcuno – a rivolgerci a Casa Pound per farvi capire quanto siete distanti dalla gente. Qualcuno almeno ci ha difeso». L’incursione, ha chiosato, è il frutto di oltre un anno di mancate risposte.

«Questa per noi – hanno promesso gli esponenti di destra prima di abbandonare l’aula – diventerà una battaglia epocale. Il sindaco di Monza non difende i cittadini italiani, ma preferisce dare la casa ai clandestini». L’accoglienza, hanno accusato, alimenta «il business dell’immigrazione che serve solo per arricchire cooperative e associazioni» e hanno ricordato il legame tra alcune società e la malavita scoperto con l’inchiesta “Mafia capitale”. «Questi sarebbero da menare» ha commentato con tono più basso un manifestante di fronte al silenzio della giunta.

Il gruppo si è congedato con un «Buon lavoro, quello vero» ma in aula gli animi non si sono calmati, tutt’altro: «Questa cosa non mi è piaciuta – ha tuonato il forzista Rosario Adamo – chiunque l’abbia organizzata ha macchiato un provvedimento importante».

Ironia della sorte l’assemblea, che un’ora prima aveva fatto spazio al consiglio comunale dei ragazzi, stava discutendo il conferimento della cittadinanza onoraria al giudice antimafia Antonino Di Matteo. Il battibecco tra l’azzurro e i leghisti Mariani e Simone Villa è proseguito a suon di «pagliacci» e «buffone» con Pier Franco Maffè del Gruppo misto e il capogruppo forzista Domenico Riga impegnati a dividere i tre.

«Quello che è accaduto – ha avvertito la presidente Donatella Paciello – è di una gravità inaudita: valuteremo quali provvedimenti prendere». Ha, quindi, interrotto la seduta in anticipo, subito dopo l’assegnazione all’unanimità della cittadinanza onoraria a Di Matteo. «Non sapevo – ha assicurato Mariani al termine della riunione – dell’arrivo di Casa Pound: sono intervenuto perché l’avevo promesso ai residenti».