Monza, il sindaco e i Comuni rispondono a Renzi: «Via la Tasi, ma poi chi paga?»

Matteo Renzi annuncia l’abolizione della Tasi, la tassa sulla prima casa. Il presidente di Anci Lombardia Roberto Scanagatti, sindaco di Monza, non nasconde la perplessità: «Ok, ma poi chi paga?»
Matteo Renzi e Roberto Scanagatti faccia a faccia a Monza in occasione delle primarie del Pd
Matteo Renzi e Roberto Scanagatti faccia a faccia a Monza in occasione delle primarie del Pd FABRIZIO RADAELLI

«Una cosa deve essere chiara: l’abolizione della Tasi non può essere pagata né dai Comuni né attraverso l’aumento dell’imposizione fiscale ai cittadini». Il presidente di Anci Lombardia Roberto Scanagatti non nasconde la perplessità di fronte all’annuncio a sorpresa di Matteo Renzi che sabato, all’assemblea nazionale del Pd riunita all’Expo, ha promesso la cancellazione della tassa sulla prima casa a partire dal 2016, una forte riduzione dell’Ires sulle imprese dal 2017 e la revisione degli scaglioni dell’Irpef l’anno seguente.

Nessun sindaco ha esultato al proclama inatteso in quanto molti temono che il taglio si trascinerà dietro un altro giro di vite ai trasferimenti di risorse agli enti locali: la Tasi, che finisce direttamente nelle case dei municipi, frutta agli amministratori locali oltre 3,5 miliardi di euro l’anno, a Monza garantisce 16.000.000 che equivalgono a un 12,5% abbondante del bilancio.

«Più che preoccupati – commenta Scanagatti – vogliamo capire dove il Governo troverà i soldi per compensare il gettito. Da Roma ci dicano se le risorse che ci verranno a mancare saranno recuperate con il miglioramento del rapporto tra debito pubblico e Pil o da altri fonti».

Il chiarimento, fa capire, dovrebbe arrivare al più presto anche perché a ottobre cominceranno i confronti legati alla prossima legge di Stabilità. Per ora, comunque, le critiche all’annuncio renziano superano le lodi, parecchie delle quali espresse più per dovere di appartenenza politica che per convinzione.
«Fino a venerdì – spiega il presidente – come Anci stavamo ragionando con Roma sull’ipotesi di introdurre la local tax già dal 2016. Con il nuovo sistema tutte le imposte sugli immobili, compreso il gettito sui capannoni industriali e sugli edifici commerciali, sarebbe rimasto ai comuni mentre quelle sul reddito sarebbero andate allo Stato. Ha un senso, del resto, separare la tassazione sul patrimonio da quella sul reddito».

È proprio questa incertezza sul futuro che inquieta la maggioranza degli amministratori italiani costretti a fare i conti con bilanci sempre più esigui e con servizi da garantire.
«Le entrate servono per finanziare i servizi, l’assistenza agli anziani, i pasti nelle mense, la sistemazione delle scuole per quel che ancora si riesce a fare. Fino a pochi giorni fa si parlava di autonomia fiscale: i comuni avrebbero fissato le aliquote delle imposte, avrebbero gestito il gettito e attraverso il meccanismo delle detrazioni avrebbero alleviato il peso alle categorie svantaggiate: si stava tentando di rendere i tributi più equi».

Ora, invece, tutte le ipotesi fatte rischiano di essere cestinate: «La prima casa – riflette il primo cittadino monzese – non può essere considerata un bene di lusso in un Paese in cui l’81% delle persone vive in un’abitazione di proprietà. Un conto, però, è avere un attico in piazza Duomo o in piazza Navona e un altro avere un alloggio in periferia: sono convinto che tagliare la Tasi in maniera indiscriminata possa essere controproducente».