Monza: bimbo di 4 anni vaga da solo, una passante se lo porta al lavoro e chiama la polizia

Si sono vissuti attimi di apprensione, a Monza, mercoledì mattina, poco prima delle 9, ma poi tutto è finito bene per il piccolo Ahmed (nome di fantasia), 4 anni, egiziano: è stato restituito sano e salvo alla madre dagli agenti del commissariato di viale Romagna. Vagava sperduto, in lacrime, in piazza Castello. Cercava la mamma.
Provvidenziale l’intervento degli agenti della polizia di Monza
Provvidenziale l’intervento degli agenti della polizia di Monza

Si sono vissuti attimi di apprensione, a Monza, mercoledì mattina, poco prima delle 9, ma poi tutto è finito bene per il piccolo Ahmed (nome di fantasia), 4 anni, egiziano: è stato restituito sano e salvo alla madre dagli agenti del commissariato di viale Romagna. Vagava sperduto, in lacrime, in piazza Castello. Cercava la mamma.

Quando la passante, una donna di mezza età, l’ha notato, gli si è avvicinata e ha chiesto spiegazioni. Ma il bambino, vuoi per l’età e perchè estremamente spaventato, non ha risposto. Invece di chiamare subito il 112 e attendere al freddo rigidissimo l’arrivo delle forze dell’ordine, la passante ha deciso di prendere in braccio il piccolo sconosciuto e di portalo temporaneamente con sè, al lavoro, un ufficio poco distante, in zona piazza Diaz. Da lì ha chiamato la polizia.

Sul posto dal commissariato è stata mandata una pattuglia e dagli uffici del commissariato si è attivata immediatamente una “task force” per rintracciare i familiari del bambino. Un vorticoso giro di telefonate e di perlustrazioni della piazza dove il piccolo era stato trovato per cercare di rintracciare putacaso un genitore che lo stesse cercando disperato. E invece nulla.

Solo dopo averlo rassicurato e tranquillizzato il piccolo ha finalmente pronunciato due nomi, quelli di mamma e papà. I nomi di battesimo. Il lavoro degli investigatori si è così agevolato ma non più di tanto. Ma dai pochissimi dati in possesso sono riusciti a fare il miracolo. Campanello per campanello hanno scorso tutti i nominativi dei residenti della piazza. Poi hanno incrociato le schede dei permessi di soggiorno. Bingo.

Sono risaliti a un nome e un cognome e a un numero di telefono, quello del padre del bambino, già al lavoro, a Milano. Era convinto che il figlio fosse a casa dalla moglie: «Stavo accompagnandolo in auto all’asilo con i due fratelli – ha raccontato – ma il piccolo, una volta davanti alla macchina, mi ha detto che non stava bene. Allora gli ho detto di risalire in casa e me sono andato con i fratelli». La madre, a sua volta, era tranquilla, certa che il figlio fosse all’asilo. Ed è rimasta stupefatta quando se l’è visto portare a casa da un agente in divisa.