Monza, bambino morto al San Gerardo: «Morbillo non in ospedale, sottoposto ai protocolli»

Interviene anche l’assessore regionale Giulio Gallera sulle polemiche seguite alla morte per le complicanze del morbillo di un bambino già ammalato di leucemia ed esclude che il contagio possa essere avvenuto in ospedale.
MONZA nuova apertura monoblocco ospedale
MONZA nuova apertura monoblocco ospedale Fabrizio Radaelli

Interviene anche l’assessore regionale Giulio Gallera sulle polemiche seguite alla morte per le complicanze del morbillo di un bambino già ammalato di leucemia. Il giovane paziente era ricoverato all’ospedale San Gerardo di Monza e l’assessore, che lo scorso giovedì aveva dato la notizia della scomparsa, esclude che il contagio possa essere avvenuto in ospedale. Così come sabato il primario del reparto della Clinica pediatrica Biondi aveva smentito una responsabilità dei fratelli.


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Il bambino, 6 anni, frequentava la Fondazione Monza Brianza per il bambino e la sua mamma per le terapie della leucemia linfoblastica acuta da cui era affetto.

«Il bambino deceduto all’ospedale San Gerardo di Monza è stato sempre sottoposto a procedure e protocolli previsti per pazienti con immunodeficienza o trapiantati – ha detto Gallera – Non sappiamo dove possa aver contratto il morbillo, in quanto il periodo di incubazione della malattia esentematica è di circa 10 giorni, quindi precedente al suo ricovero nell’ospedale San Gerardo, ma possiamo affermare con certezza che a ogni suo ingresso nel reparto di emato-oncologia pediatrica o degli ambulatori day hospital del Centro Maria Letizia Verga, dove era in cura per la leucemia, sono state attivate tutte le misure per proteggerlo da contaminazioni di qualsiasi natura, non solo dal morbillo».

L’assessore al Welfare di Regione Lombardia lo ha sottolineato smentendo le informazioni riportate in rete secondo le quali il bambino avrebbe contratto il virus del morbillo all’interno della struttura ospedaliera.

«Come confermato da Andrea Biondi, direttore del Centro Pediatrico Maria Letizia Verga, ospitato all’interno dell’ospedale San Gerardo – ha spiegato il titolare regionale della Sanitaà- i reparti di degenza dove i bambini vengono sottoposti a terapie oncologiche sono strutturati in modo da evitare qualsiasi tipo di contagio con agenti esterni che possano aggravare o mettere a rischio le già

compromesse condizioni immunitarie. Reparti dotati di stanze singole, condizionate da un sistema di areazione e filtraggio dell’aria che ne garantisce il controllo ambientale, e separate da un’anticamera dove visitatori e personale sanitario che entrano in contatto con il paziente sono obbligati oltre al lavaggio delle mani a indossare camice e mascherina. Analogamente anche negli ambulatori day hospital del Centro sono presenti camere dotate delle stesse caratteristiche in cui è

vigente lo stesso protocollo di sicurezza».

E poi a proposito di precedenti casi della malattia: «Il direttore dell’Asst Monza Matteo Stocco mi ha riferito che alla comparsa dei casi di morbillo sia all’interno del Centro Maria Letizia Verga, che dell’ospedale San Gerardo, sono state messe in atto misure di prevenzione che hanno permesso di contenere la possibilità di contagio all’interno dei reparti. Misure efficaci che, come confermato anche dal direttore della Clinica Malattie Infettive del San Gerardo Andrea Gori, hanno impedito, nonostante i numerosi accessi al Pronto soccorso del Centro pediatrico e nonostante e nonostante la provincia di Monza Brianza sia la seconda in Italia per numero di casi di morbillo, il verificarsi di una vera e propria epidemia».

Come già nella serata in cui aveva riportato la notizia della morte del bambino, l’assessore regionale è tornato sulla copertura vaccinale e la cosiddetta immunità di gregge.

«Torno quindi a ribadire, al di là delle polemiche sterili e senz’altro dolorose per i genitori di un bambino che non c’è più – ha concluso – che, come sostengono le autorità mediche e scientifiche, non solo io, l’unico modo per prevenire eventi tragici e tutelare chi per patologia a rischio non può sottoporsi a vaccinazione, sia raggiungere quella percentuale del 95% di copertura vaccinale che garantisce la cosidetta “immunità di gregge” e il debellamento della malattia».