«Mi hai rubato l’iPhone»: una diciottenne fa processare l’amico

Lui, ventenne, mai un guaio con la giustizia e un’occupazione regolare. Lei, 18enne, un’amica, l’ha trascinato in tribunale accusandolo di averle rubato un iPhone. Nel frattempo il telefono le è stato restituito, allora ha ritirato la querela.
Il tribunale di Monza
Il tribunale di Monza

Lui, ventenne dello Sri Lanka, mai un guaio con la giustizia e un’occupazione regolare. Lei, 18enne, connazionale nata in Italia, un’amica, l’ha trascinato in tribunale accusandolo di averle rubato un i-phone. I fatti sono accaduti a marzo dell’anno scorso: la ragazza, come lui residente a Monza, ha raccontato di aver accettato un passaggio in auto dal connazionale e, una volta tornata a casa, si è accorta di non avere più il costoso cellulare.

Ha pensato di averlo dimenticato nell’auto del ragazzo ma nell’abitacolo del prezioso smartphone non c’era traccia. A quel punto la ragazza ha presentato una denuncia di smarrimento al commissariato di polizia di viale Romagna. Finché un altro amico, compagno di squadra del ventenne durante sfide serali di calcetto, nel dopo partita, davanti a una birra, ha visto il ragazzo maneggiare un iphone con la cornice dello schermo, originariamente bianca, colorata maldestramente di nero, con un pennarello. Lo schermo aveva anche evidenti graffi. Sospettando che fosse quello della ragazza, l’ha informata della scoperta.

Lei è tornata in commissariato e ha espresso agli agenti i suoi sospetti. Trascorsi due mesi il cellulare è stato magicamente ritrovato. Dove? Nelle mani del ventenne, che è stato quindi rinviato a giudizio per furto aggravato. Davanti al giudice Airò, del tribunale di Monza, la ragazza ha detto: «Volevo soltanto riavere il mio telefono» e ha ritirato la querela nei confronti dell’(ex) amico evitandogli così guai seri.

Il quale ha raccontato inizialmente al giudice di aver acquistato il telefono da un non meglio precisato “pakistano” per 200 euro rischiando così un’accusa di ricettazione. Messo su più miti consigli dal giudice, alla fine ha raccontato la verità: «Ho fatto un colpo di testa – ha detto – ho visto il telefonino sul sedile della macchina dove la ragazza l’aveva dimenticato e me lo sono preso». Ne è uscito “pulito”; non dovrà pagare neppure le spese processuali.