Mangiare in Brianza a chilometri zero: nasce il pesto all’aglio orsino

L’aglio orsino che cresce spontaneo agli esordi della primavera tra Monza e Brianza diventa protagonista di un pesto speciale a chilometri zero. Con il marchio Made in Brianza.
Le confezioni di pesto orsino
Le confezioni di pesto orsino

Quando è stagione a Monza e dintorni, lo riconoscono tutti, soprattutto passando attorno al suo parco secolare: il profumo pungente di aglio arriva da lui, dall’aglio orsino, la pianta spontanea presente in tutto la Valle del Lambro e protagonista dell’annuncio della primavera a Monza. Ora quel pesto è protagonista anche in tavola: “La fata verde” ha creato il pesto all’aglio orsino (ma si può tagliare a pesto orsino, perché no) sfruttando la produzione del sottobosco del monzese.

Il prodotto ha già ottenuto dalla Camera di commercio il marchio Made in Brianza ed è stato presentato all’istituto alberghiero Olivetti di Monza con i responsabili della società “La fata verde” e i rappresentanti del Parco regionale della Valle del Lambro.

L’aglio orsino, ricordano i promotori (Allium Ursinum L.) «è una pianta bulbosa, erbacea, perenne, eretta non molto alta, con fiori bianchi e foglie lanceolate, dall’odore pungente di aglio. Le sue foglie sono tra le prime a spuntare alla fine dell’inverno, bucando la coltre di foglie secche cadute durante l’inverno. Il suo nome “orsino” deriva dal fatto che gli orsi dopo il letargo invernale, se ne cibano in grandi quantità per riprendere la carica di energia. L’aglio orsino ha proprietà disinfettanti, ipotensive, diuretiche e depurative, corrispondenti più o meno a quelle dell’aglio comune».

Le sue foglie si possono utilizzare con insaporitori e i bulbi possono sostituire l’aglio stesso, «ma sono poco utilizzati in quanto molto piccoli e difficili da estrarre dal suolo, dove crescono in profondità». Il pesto orsino, che ha la consistenza del fratello maggiore ligure, può essere utilizzato come condimento (a crudo) di pasta e riso, oppure accompagna come una salsa verde carni, bolliti, bruschette, pesci affumicati. « Il nostro pesto – hanno spiegato i promotori del prodotto a chilometro zero – utilizza solo foglie fresche raccolte in un bosco in riva al Lago di Alserio ed è disponibile in tre varianti: classico con i pinoli, con mandorle e con noci».

La produzione è figlia di un accordo: viene raccolto nel Bosco della Buerga e curata dal Ctn (Centro Tecnico Naturalistico) del Parco Valle Lambro senza estirpare il bulbo. «Nel 2016 il Parco della Valle del Lambro ha concesso alla società «La Fata Verde» di raccogliere le foglie all’interno del Bosco della Buerga e di utilizzare il logo del Parco per qualificarne la provenienza». Orso per orso, l’etichetta del pesto è andata a pescare un affresco di Oreno nel casino Borromeo, dove si vede una scena di caccia all’orso.

Sono coinvolti nel progetto di La fata verde l’istituto Olivetti di Monza e la cooperativa In-Presa di Carate Brianza, Effemarket (nel cui laboratorio di Lissone viene prodotto il pesto), l’azienda agricola Massimo Gianni di Busnago «che si occuperà della raccolta in campo delle foglie di aglio orsino».