Maltrattamenti all’asilo nido di Milano: l’educatrice monzese patteggia

Ha ottenuto il patteggiamento ed evita il carcere l’educatrice monzese 36enne imputata per i presunti casi di maltrattamenti scoperti lo scorso luglio in un asilo nido di Milano. Era stata scoperta grazie a video girati nelle aule.
Un’immagine filmata all’asilo nido di viale Sarca
Un’immagine filmata all’asilo nido di viale Sarca Redazione online

Ha ottenuto il patteggiamento Milena Ceres, l’educatrice monzese 36enne imputata per i presunti casi di maltrattamenti scoperti lo scorso luglio in un asilo nido di Milano. La decisione del gup del Tribunale di Milano Valerio Natale, al termine dell’udienza con le parti (l’accusa è stata rappresentata dal pm di Milano Daniela Bartolucci) è arrivata mercoledì 14 dicembre. La donna, difesa dai legali Jacopo Pensa e Paola Boccardi, si trovava agli arresti domiciliari dal luglio scorso.

Milena Ceres, con il compagno Enrico Piroddi, 35 anni, anche lui residente a Monza, era accusata di maltrattamenti e lesioni nei confronti di 13 bambini dai 2 mesi ai 2 anni di età del nido Baby World di viale Sarca. Piroddi, titolare della struttura, era stato inizialmente arrestato, salvo poi essere rimesso in libertà con l’obbligo di non poter esercitare per un anno la sua attività. Lei invece era finita agli arresti domiciliari, in città

I maltrattamenti ai bambini, 25 i casi contestati nell’arco di tre mesi, erano stati ripresi da telecamere nascoste piazzate dai carabinieri del comando provinciale di Milano: schiaffi, spintoni, minacce e persino un morso. I bambini sarebbero stati anche rinchiusi in un bagno e in uno sgabuzzino.

Un’inchiesta nata dalle confidenze di due ex educatrici che avevano riferito una serie di fatti di cui erano state testimoni; il 3 aprile era scattata una denuncia. I carabinieri avevano quindi piazzato le telecamere e filmato l’orrore: bambini legati con cinghie alle sedie, un morso umano (refertato all’ospedale) e poi insulti, imboccamenti forzati da far venire il vomito e la segregazione al buio tra pianti disperati e piccoli afferrati per i capelli.

A poco più di quattro mesi dall’arresto Milena Ceres potrebbe ora chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Resta invece pendente davanti alla Cassazione un’ipotesi di sequestro di persona a proposito delle segregazioni dei piccoli in bagno e nello sgabuzzino: per il gip di Milano si tratterebbe di un’accusa infondata.

«Ho già ricevuto una serie di messaggi e chiamate dai genitori, tutti delusi e amareggiati» ha detto a pochi minuti dalla decisione del gup un altrettanto sconfortato Giulio Canobbio, l’avvocato genovese, tra l’altro direttore del Comitato Scientifico de La Via dei Colori Onlus, associazione dedita alla tutela delle fasce deboli, che ha assistito 11 famiglie dei bambini dell’asilo, e che ha già avuto occasione di rappresentarne altre nell’ambito del procedimento simile per i maltrattamenti all’asilo nido Cip Ciop di Pistoia.

«Sono curioso di leggere le motivazioni del giudice a proposito della concessione delle attenuanti generiche – dice – visto che l’imputata non ha offerto alcun risarcimento né presentato una lettera di scuse ai genitori dei bambini nonostante la gravità dell’accaduto. Contro questa decisione non si potrà fare più nulla e l’imputata chiederà sicuramente l’affidamento in prova».

«Se paragono questo esito a quello del Cip Ciop, dove una maestra, con rito abbreviato, è stata condannata a 6 anni e 4 mesi per fatti sì di gravità maggiore, ma non troppo, non riesco proprio a capire questo epilogo. Sarà che il giudice ha voluto tenere conto del fatto che l’imputata è giovane e laureata, cosa quest’ultima che io reputo un’aggravante, oppure ha visto negli atti qualcosa che a me è sfuggito» conclude il legale.

«Certo che se fanno male alla mia nipotina non ragiono più, questi genitori arrabbiati li capisco e non lodo certo la mia cliente, ma per fortuna abbiamo un giudice terzo» commenta invece l’avvocato della Ceres, Jacopo Pensa. «Del resto la pena era di 5 anni e tolto il rito è scesa a 2 anni e 9 mesi, così funziona il nostro ordinamento che esclude la giustizia privata. Certo, se poi qualcuno voleva l’ergastolo…», continua.

«La mia cliente si è pentita e si è messa in ginocchio davanti al giudice. Ora chiederò senz’altro la revoca della misura cautelare perché la fase penale si è conclusa».