Lombarda Petroli: le motivazioni della sentenza che ha ribaltato il processo

Processo Lombarda Petroli. Le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha condannato uno dei cugini Tagliabue per disastro colposo e confermato la tesi della Procura di Monza: «Sversamento per non pagare le accise ».
Il petrolio nel Lambro dopo lo sversamento della Lombarda petroli
Il petrolio nel Lambro dopo lo sversamento della Lombarda petroli

Un gesto volontario, quello di rovesciare nel piazzale della Lombarda Petroli tonnellate di carburante, ma del quale non hanno saputo controllare e prevedere le conseguenze. E per questo dovuto a grave “negligenza”, non a dolo.

È quanto hanno concluso i giudici della quinta sezione penale di Corte d’Appello, nelle motivazioni della sentenza che ha riconosciuto il reato di disastro colposo in capo ad uno dei petrolieri titolare dell’ex deposito di stoccaggio di carburante al confine tra Monza e Villasanta, l’imprenditore Giuseppe Tagliabue (per lui un anno e 8 mesi di reclusione, più altri 9 mesi per reati fiscali).
Il provvedimento dei giudici di secondo grado, in relazione al disastro ecologico del febbraio 2010, quando tonnellate di idrocarburi raggiunsero il depuratore di Monza e il Lambro passando dal canale fognario, riabilitano la tesi sostenuta dalla Procura brianzola in primo grado, ossia che lo sversamento è stato provocato ad arte per non incappare nel pagamento delle imposte, ma hanno fatto rientrare il reato nell’ipotesi colposa.


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Nel processo concluso l’anno scorso a Monza, invece, il reato doloso era stato riconosciuto solo in capo al custode, il monzese Giorgio Crespi, che dalla prima condanna a 5 anni si è visto abbassare la pena ad un anno e mezzo. Si legge nella sentenza che «lo scempio ambientale alla Lombarda Petroli fu voluto dal titolare per sottrarre i prodotti al pagamento delle accise, ma Giuseppe Tagliabue pensava che lo sversamento si sarebbe limitato all’area della sua azienda quindi si tratta di disastro colposo e non doloso».
E ancora «la scelta di sversare almeno una parte dei prodotti petroliferi per evitare il futuro pagamento delle imposte è stata adottata senza tenere conto di quello che era il limite oltre il quale le vasche disoleatrici non sarebbero state più in grado di resistere (…) egli (scrivono i magistrati riferendosi a Tagliabue) per trascuratezza e imprudenza, non ha considerato i limiti quantitative il cui superamento avrebbe comportato gravissimi danni all’ambiente».

Proprio, dunque, «per la prospettiva soggettiva che lo sversamento potesse limitare la propria portata in un’area inferiore a quella effettivamente raggiunta, l’imputazione di disastro doloso deve essere modificata in quella di disastro colposo». Alla tesi del Tribunale di Monza, che contestava la ricostruzione dei pm Donata Costa e Emma Gambardella, sostenendo che nelle misurazioni dei prodotti petroliferi c’erano degli errori materiali e che il movente del disastro doloso per non pagare le tasse non stava in piedi perché il danno causato dallo sversamento è stato più costoso dell’eventuale risparmio di accise, la Corte di Appello risponde che «i gestori della società misuravano attentamente i prodotti e decidevano lucidamente quale quantitativo riportare, invece, sui bigliettini che consegnavano al funzionario dell’Agenzia delle Dogane, sapendo che questi si guardava bene dall’effettuare di persona le misurazioni».

E alla domanda: «Ci si deve chiedere allora come mai dai serbatoi della Lombarda Petroli siano stati sversati, di notte, 2.400 tonnellate di prodotto commerciabile» i giudici milanesi rispondono che «la risposta sta proprio nel movente contestato, ossia nella volontà di sottrarre tale prodotto al pagamento delle accise».
E «si trattava di somme assolutamente ingenti, atteso che, già al quantitativo di kg 160.700 di gasolio rigenerato corrispondevano accise pari a 81.408,50 euro». Quanto alla posizione del custode Crespi, la Corte ha sottolineato la “sciatteria” con cui conduceva il suo compito.