Legittima difesa, il monzese Walter Mapelli: «Il massimo del dettaglio è il minimo di fiducia nei magistrati»

Riserve del magistrato monzese Walter Mapelli per la legge sulla legittima difesa: troppi dettagli, dice, sono scarsa fiducia nella capacità della magistratura di fare il suo mestiere. E lui fece assolvere il benzinaio di Carate che uccise due rapinatori.
Il magistrato Walter Mapelli
Il magistrato Walter Mapelli FABRIZIO RADAELLI

«Sono da sempre perplesso di fronte alla necessità di dettagliare molto perché il massimo del dettaglio vuol dire il minimo della fiducia nella magistratura che è l’istituzione a cui spetta il compito di valutare il caso concreto in tutti i suoi aspetti»: è l’opinione del magistrato monzese Walter Mapelli, oggi procuratore capo di Bergamo, che in un’intervista al Corriere della sera esprime diverse riserve sulla legittima difesa così come uscita dalla Camera dei deputati.

Il Corriere ha scelto Mapelli perché era il pm che in tribunale a Monza chiese (e ottenne) l’assoluzione per un benzinaio di Carate Brianza che, nel settembre del 1995, aveva ucciso due rapinatori che avevano fatto irruzione nel suo distributore sulla Valassina minacciando lui con un pistola (poi risultata finta) e soprattutto il figlio, al quale avevano puntato un coltello alla gola pretendendo più delle 500mila lire di incasso che erano state loro consegnate. Il benzinaio aveva tirato fuori una pistola e aveva colpito a morte i rapinatori.

«Nessuno si è mai sognato di dire che quell’uomo non dovesse reagire. La discussione è stata tutta sui sei colpi di pistola contro il bandito che minacciava il figlio perché lui continuò a sparargli mentre cadeva a terra» ha detto Mapelli al Corriere. Poi il tribunale stabiliì che il colpo fatale era stato il primo, gli altri sì eccessivi, ma inutili. E allora assolto. Il magistrato ricorda: i problemi riguardano la proporzionalità tra minaccia e difesa, non la reazione in sé, «ma le circostanze in cui è avvenuto il fatto». Walter Mapelli, procuratore capo a Bergamo, sa di cosa sta parlando».

Il problema – aggiunge – non sono i casi evidenti, ma quelli di mezzo, dove tutto non è così chiaro. «Chi stabilisce quando e fino a che punto la vittima agisce in uno stato di profondo turbamento? Non è difficile immaginare che davanti a un’accusa per eccesso di legittima difesa sarebbe evocato ogni volta». Traduzione: sembra soprattutto che la legge voglia solo eliminare il rischio di una condanna per eccesso colposo di legittima difesa. Ma la premessa rimane la stessa: più una legge è dettagliata, dice Mapelli, meno fiducia dimostra nella capacità della magistratura di fare il suo mestiere.