Le piscine fai da te lungo il fiume Adda: gratis e abusive

A Cornate d’Adda i gitanti che si fermano sul fiume le ricostruiscono ogni anno con grandi sassi e teli di plastica. Un sistema economico (ma illegale) per bagnarsi e rinfrescarsi durante la stagione calda. Il Parco Adda Nord: «Verificheremo la presenza del cellophane».
Le piscinette dell’Adda
Le piscinette dell’Adda Signorini Federica

Non c’è bagnasciuga, non ci sono spiagge dorate o placidi paesaggi lacustri. Ma anche il Vimercatese ha i suoi angoli di paradiso, adatti per passare le calde giornate estive attorniati dalla natura e con il rumore dell’acqua in sottofondo.
L’Adda è uno dei posti più frequentati, freschi e amati dai residenti della zona per passeggiate, giri in bici, pomeriggi in riva al fiume. E anche, per alcuni, per qualche bagno dentro le acque fluviali. Azione, quest’ultima, proibita dal divieto di balneazione poiché molto pericolosa (ogni anno i giornali riportano la cronaca di tragici eventi).

Vuoi per evitare che la gente scelga il fiume per darsi una bella rinfrescata, vuoi per creare un luogo confortevole e amabile per passare qualche ora pucciando i piedi, in località Porto d’Adda sono frequentatissime, e da molti anni, le cosiddette “piscine”. Strutture in pietra (e non solo) realizzate da chi frequenta l’alzaia nel tratto compreso tra la centrale Bertini e la Rocchetta. In particolare, si trovano in un punto in cui la sponda è erbosa e pianeggiante, proprio di fronte alla “spiaggia di Medolago” (dall’altra parte del fiume).

Le due “piscinette” vengono realizzate ogni anno da chi frequenta il luogo (e da un pensionato cornatese, in particolare), risistemando quanto rimasto dall’anno precedente e aggiungendo ogni volta un particolare in più. Si presentano come strutture di pietre addossate l’una all’altra, ricoperte internamente di una pellicola in plastica che favorisce il mantenimento dell’acqua dentro alle pozze. Queste ultime sfruttano l’acqua che, dal naviglio, scende verso il fiume.

Le piscinette sono attorniate da una serie di altri elementi: piccoli passaggi in legno e pietre per muoversi da una parte all’altra della spiaggia senza bagnarsi nelle zone di reflusso dell’acqua (come detto, il punto in questione vede lo scarico di parte dell’acqua del naviglio verso il fiume). E poi una scaletta in legno, con tanto di erba sintetica sui gradini per evitare lo scivolamento, per salire e scendere dal ponticello sul naviglio.
Qualche ragazzo poco assennato si tuffa anche dalla parte del naviglio, in acque non alte e neppure troppo pulite.

La novità di quest’anno sono due piattaforme realizzate con listelli di legno e appoggiate sul bordo di una delle due piscine: punto di approdo per chi vuole immergersi nella pozza e per chi si sdraia all’asciutto a prendere un po’ di tintarella.

Nelle giornate estive, sia nei giorni feriali sia (e soprattutto) nel corso del week-end, i frequentatori della zona sono davvero numerosi. E ci sono “bagnanti” di tutte le età: dal gruppo di pensionati a quello degli adolescenti in vacanza da scuola, dalla famiglia con bambini ai solitari che si vogliono godere un po’ di relax.

Chi frequenta le piscinette, evidentemente, le ama. Ma c’è anche chi non le digerisce del tutto. Perché si tratta, di fatto, di costruzioni abusive. E quindi qualcuno parla di «ecomostro in miniatura», qualcun altro invita a un maggiore decoro («i bagnanti si vedono dalla strada pedonale»), altri ancora si augurano che «non si ecceda nella costruzione di nuove strutture».

Percorrendo l’Adda nelle zone vicine a quelle delle “piscinette”, sono numerosi i punti scelti per prendere il sole o per rinfrescare i piedi (c’è anche una spiaggia frequentata da soli nudisti). Ma di “piscine” come queste lungo l’Adda non ce ne sono altrove: sono uniche nel loro genere.

«A fine stagione, la prima piena copre e distrugge queste costruzioni. Non si tratta di manufatti (come rustici, barbecue, recinzioni o piccoli edifici) sui quali interveniamo per lo smantellamento – hanno fatto sapere dall’ufficio tecnico del Parco Adda Nord – Lungo il fiume si trovano altri esempi di sassi posizionati per creare punti di appoggio o per fare il bagno, in zone appartenenti ad altri Comuni».

Queste costruzioni posticce, inoltre, sarebbero di competenza non del Parco, ma di Aipo (Agenzia interregionale per il fiume Po) che gestisce il fiume per conto dello Stato. «Come Parco possiamo fare accertamenti tramite sopralluoghi delle Gev (Guardie ecologiche volontarie), indirizzando agli enti preposti la comunicazione di situazioni non conformi».

Se le costruzioni in pietra non rappresentano un problema, potrebbe esserlo la presenza del telo in plastica o di altri materiali “esterni” all’ambiente naturale della zona. «Del cellophane non eravamo al corrente, faremo un controllo – hanno comunicato dall’ufficio – E segnaleremo gli eventuali problemi ad Aipo per rimuovere gli elementi disturbanti».