L’avvocato risponde: basta mantenimento per i figli maggiorenni fannulloni

È obbligatorio mantenere i figli maggiorenni anche se sono dei fannulloni? No: lo ha stabilito la Suprema corte di Cassazione. La spiegazione degli avvocati Alfonso Ettaro e Barbara Ori.
Alfonso Ettaro e Barbara Ori
Alfonso Ettaro e Barbara Ori

Possono tirare un vero e proprio sospiro di sollievo i genitori, anche separati, di figli maggiorenni sfaticati, purché non portatori di handicap grave. Sul tema del mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti economicamente è, infatti, ancora di recente intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, ribadendo il principio secondo cui l’obbligo di mantenimento, così come posto a carico di entrambi i genitori dagli articoli 143, 147, 148 e 337 ter e 337 septies c.c., pur non cessando automaticamente al raggiungimento della maggiore età del figlio, non può comunque perdurare vita natural durante (Cass. Civ. n. 407/2007, n. 1773/2012, n. 12952/2016).

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Secondo la Suprema Corte, infatti, tale obbligo viene meno ove il figlio, divenuto maggiorenne, raggiunga un’età e un’istruzione adatte alla ricerca di un lavoro e, quindi, una certa autosufficienza economica, che si verifica “con la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita ovvero quando il figlio è stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta”, ad esempio sottraendosi volontariamente allo svolgimento di un’attività lavorativa a lui consona per età e livello di istruzione oppure andando fuori corso all’università (Cass. n. 1858/2016 e n. 7168/2016). Di conseguenza, i genitori non sono più tenuti a mantenere quel figlio, appartenente alla generazione “Neet”, che, raggiunta una certa età, non si attivi comunque per trovare un lavoro, atteso, peraltro, l’obbligo su di lui incombente ex art. 315 bis c.c. di contribuire al mantenimento della famiglia in cui vive in relazione alle proprie capacità, sostanze e reddito. Ma quando un figlio maggiorenne può in concreto ritenersi autoresponsabile delle proprie scelte lavorative e dunque economiche? Quando, quindi, il genitore separato interessato può agire in giudizio per ottenere la revoca dell’assegno di mantenimento previsto in favore del figlio maggiorenne in sede di separazione o divorzio, dando ovviamente prova della sua indipendenza economica? Purtroppo non può darsi una univoca risposta a questa domanda, variando tale momento di caso in caso.

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Ciò nonostante, il Tribunale di Milano, Sez. IX, onde evitare che la tutela della prole si risolva in “forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani”, ha di recente introdotto, con un’interessante ordinanza del Giudice Buffone, il curioso limite temporale dei 34 anni di età, così come ivi individuato in via presuntiva “in linea con statistiche ufficiali, nazionale ed europee”, sul presupposto che “l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione” e che il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, superata una certa età, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma, che lo rende adulto. Pertanto, a partire da tale età – continua il giudice milanese – “lo stato di disoccupazione del figlio maggiorenne non può più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio possa, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto” (alimenti). Vedremo se tale decisione farà scuola. Nel mentre, giovani rimboccatevi le maniche!