Il “Papa”, la “banca d’Italia” Pensabene, un boss a Seveso

Il “Papa”, il “sovrano”, la “banca d’Italia”, il “motore di una vera e propria società di servizi finanziari”. Ma anche un paciere. Tutto questo e altro è Giuseppe Pensabene 47enne di Montebello Jonico, sevesino d’adozione, il presunto boss della organizzazione che avrebbe riciclato milioni di euro per conto delle cosche calabresi.

Il “Papa”, il “sovrano”, la “banca d’Italia”, il “motore di una vera e propria società di servizi finanziari”. Ma anche un paciere . Tutto questo e altro è Giuseppe Pensabene 47enne di Montebello Jonico, sevesino d’adozione, il presunto boss della organizzazione che nell’ufficio “tugurio” avrebbe riciclato milioni di euro per conto delle cosche calabresi minacciando e talvolta avvalendosi di imprenditori, definiti in quest’ultimo caso “collusi”. Il nome di Pensabene appare quasi in ogni pagina delle settecento della ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano, Simone Luerti. Ma compaiono anche altri nomi “noti” in altre inchieste brianzole, come Domenico Zema, di Melito Porto Salvo, residente a Desio, ex consigliere comunale a Cesano Maderno (testimone nel processo all’ex assessore regionale Pdl Massimo Ponzoni), Stefano Parravicini (solo indagato), imprenditore seregnese già coinvolto nell’inchiesta sugli appalti truccati di Desio, Golden Snow. Ci sono le parti lese, come alcuni dirigenti ed ex dirigenti di società calcistiche, il vice presidente esecutivo del Genoa Antonio Rosati, il dg della Spal Giambortolo Pozzi e l’ex presidente della Nocerina Giuseppe De Marinis (quest’ultimo tra l’altro vittima di un violento pestaggio per un debito usurario). Vittime (decine) che tuttavia non hanno mai denunciato i loro strozzini.