Il Papa a Monza: «Ecco perché il Parco è il luogo ideale»

DOSSIER Il Papa a Monza - Sabato 25 marzo 2017: è il grande giorno della visita pastorale di Papa Francesco con Messa nel Parco di Monza. L’intervista a monsignor Dario Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede.
Papa Francesco e monsignor Dario Edoardo Viganò
Papa Francesco e monsignor Dario Edoardo Viganò Redazione online

Tutto prende forma, e si comprende, nella frase scelta per la visita del pontefice alle terre ambrosiane: “In questa città io ho un popolo numeroso, dice il Signore”. Un popolo, così numeroso, che ha trovato nel parco di Monza la casa ideale per incontrare papa Francesco. Succede sabato 25 marzo, alle 15.

«Questo passaggio degli Atti degli Apostoli e il logo scelto per l’evento racchiudono al meglio l’idea di popolo».
Parte da qui, monsignor Dario Edoardo Viganò, dal giugno 2015 prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede. Parte da quelle mani che si tendono verso il Papa. Mani che sono anche ali della pace e che, nel loro insieme, raffigurano allo stesso tempo il profilo del Duomo di Milano e le montagne che caratterizzano le zone nord della Diocesi. Vette che la Brianza ben conosce. In questa immagine c’è tutto quel popolo numeroso chiamato ad aprire le braccia a papa Francesco. E la messa a Monza sarà, come indicato da molti, una messa di popolo.

«Un popolo così folto ha trovato il suo luogo ideale nel parco, che davvero è parso da subito il contesto più adatto, per una lunga serie di significati. Bisogna esserci perché sarà, appunto una grande festa di popolo. Un popolo innamorato di Papa Francesco che ci richiama costantemente alla bellezza del Vangelo» sottolinea subito monsignor Viganò, sempre lieto nel ricordare il suo stretto legame con Vedano al Lambro, anche oggi che si trova nella cabina di regia della comunicazione vaticana.

Un ruolo voluto proprio da papa Bergoglio e che monsignor Viganò, (anche professore ordinario di Teologia della comunicazione alla Pontificia Università Lateranense) definisce «esperienza entusiasmante, dove ritrovo professionalità dai profili molto diversi e dove mi sono dedicato molto all’ascolto, sostenendo l’importanza della formazione».

Cosa rappresenta, dunque il Parco, in questa celebrazione con il pontefice?
«Si tratta di un parco che, non dimentichiamo, dice tante cose. Pensiamo alla cura della terra, alla presenza di realtà come le cascine, che ci ricordano il rapporto di rispetto dovuto ai tempi della natura, lontano dal concetto di possesso. Il parco inoltre ricorda la necessità di prendersi cura di se stessi, anche con l’attività fisica e il contatto con la natura. Pensiamo anche all’aspetto relazionale che rappresenta. Ho l’immagine del parco con i ragazzi che giocano e le famiglie che passeggiano. Ma il parco ci ricorda anche la storia d’Italia, non solo quella di Monza. Il parco, infine, è anche strumento di congiunzione, perché non è solo Monza, ma anche Villasanta, Biassono e altri comuni. Sono realtà con identità diverse, ben definite, ma che grazie all’anello di congiunzione territoriale, si fondono, si avvicinano, dialogano. In una visione cara a papa Francesco, per il quale la realtà è più simile a un prisma che una sfera. Il prisma ha diverse facce, non tutti i suoi punti sono equidistanti dal centro».

Lei ha un legame forte con questo territorio, con il parco e con Vedano al Lambro. C’è, nel vivere questo avvenimento, un pizzico di orgoglio?
«Se da un punto di vista territoriale il parco è legato a Monza, sotto l’aspetto dell’appartenenza alla comunità cristiana fa riferimento alla parrocchia di Vedano, a Santo Stefano protomartire (dove monsignor Viganò è cresciuto, ndr). E questo non è affatto un caso. La figura di Santo Stefano interroga e chiede alla Chiesa delle terre ambrosiane il contagio fascinoso della testimonianza. Proprio come coloro che saranno presenti al parco».

I gesti di papa Francesco, in questa giornata (la visita alle famiglie, ai detenuti, il pranzo con loro, la messa “di popolo”) sono la testimonianza della “chiesa in uscita” di Bergoglio. Come la comunicazione della Santa Sede sarà impegnata per renderli ancora una volta al meglio?

«Noi siamo al servizio di un innato senso di comunicazione di papa Francesco. Le mani incrociate, gli abbracci, le tenerezze, i gesti spontanei: la chiesa per essere tale deve uscire ed incontrare l’Altro. Lui lo fa spontaneamente. Il Centro televisivo Vaticano, impegnato per la visita del Santo Padre con 50 persone, non entrerà in tutti i luoghi visitati; pensiamo al carcere dove, anche in segno di rispetto, solo alcune riprese potranno essere diffuse. Invece la messa di Monza sarà la messa di popolo e quindi tutto sarà trasmesso».

Una giornata intensa che partirà da Roma alle 6.45. Ritmi sostenuti, dove tutto deve funzionare alla perfezione, anche negli spostamenti. Rigorosamente in auto?
«Un episodio dice tutto del pontefice. Quando abbiamo definito gli spostamenti da Milano a Monza, proprio vista la giornata molto intensa, il tragitto in elicottero è parsa la cosa più ovvia. Ma quell’immagine strideva con papa Francesco e lui non ha accettato, scegliendo di muoversi in auto, pur con un programma velocissimo. Lui sa quanto le persone stiano in attesa ore e ore per poterlo vedere. L’auto è, in questo senso, anche il simbolo della generosità con cui si concede ai fedeli».