Il Far west delle Brianze in scatola: ecco “Il gioco del contrabbandiere”

Per anni la lotta tra contrabbandieri e finanzieri tra Ticinese e nord Milano ha rappresentato il Far west delle Brianze: ora quella storia diventa un gioco in scatola, “Il gioco del contrabbandiere”.
Il gioco del contrabbandiere
Il gioco del contrabbandiere

Da Monza basta un passo ed è Como. Da Como basta un passo ed è Svizzera. Su quel confine per un secolo sono passati uomini con nomi diventati leggendari come nelle epopee del Far West, ma non si trattava di andare oltre il Mississipi, sulle Montagne rocciose e nelle grandi pianure: era il confine con il Ticinese, dove la merce si poteva comprare a meno e portare in Italia di nascosto aggirando le tasse nazionali. Ovviamente violando le leggi. Quel pezzo di storia delle Brianze è diventato un gioco, prodotto come “Il gioco dell’oca della Brianza” dall’editore comasco Alessandro Dominioni.

Un «gioco di strategia basato sulla realtá storica del territorio comasco e ticinese – scrive l’inventore – I protagonisti di questo gioco sono i finanzieri e i contrabbandieri che, soprattutto dagli anni ’50 ai ’70 del Novecento, hanno segnato la nostra storia, la nostra economia e la nostra cultura. Lo scopo del gioco per il contrabbandiere è quello di riuscire a portare la merce dai depositi situati in Svizzera ai magazzini di smistamento in Italia; lo scopo del finanziere è ovviamente quello di arrestare il contrabbandiere». Per giocare basta essere in due, o formare due squadre: i contrabbandieri e i finanzieri. Come a guardie e ladri, ma al tavolo: la scatola contiene un tabellone 60 centimetri per 40, 6 pedine, 32 carte imprevisti e costa 24 euro.

«Le storie di contrabbandieri spesso narrano di chi sopravvisse lottando con il potere dello stato, di cui, pur coraggioso, aveva anche paura» ha scritto Rita Piffaretti in “Ma regordi che”:

Cinto, Ettore, Aldo sono alcuni nomi tra le migliaia di chi, fin dagli anni ’60, valicava il confine italo-svizzero dell’Alta Tremezzina-val d’Intelvi, dietro il ramo comasco del Lario, tornando in Italia con bricolle piene di caffè, sigarette, o altra merce (che costasse meno oltre confine e da cui dipendeva la sussistenza di tutti), per imbarcarla lungo il lago, trasportarla sull’altra sponda e da lì a Milano dove, alle ricche signore, margarina quasi pura poteva essere venduta per burro. Tutti, anche i bimbi, interrompevano i giochi quando era il momento, allora erano allertati ad avvistare i finanzieri del comando di Argegno. Furbi (e organizzati) come napoletani: sembra strano che, in paesi oggi sonnacchiosi, un tempo vivessero più che originali personaggi di un’epopea simile al far west.