Il comune di Monza ferma il cemento, condannato a pagare 800mila euro

Il comune di Monza condannato a pagare un risarcimento da 800mila euro per una mancata edificazione di dieci anni fa. Si tratta di un progetto stoppato da 3.700 metri quadrati a Sant'Albino. La giunta resiste e porta tutto al consiglio di Stato.
Il comune di Monza ferma il cemento, condannato a pagare 800mila euro

Toc toc, è il comune? Ci dovete 800mila euro. Suona così la lettera recapitata dall’avvocato Bruno Santamaria al municipio di Monza il 5 gennaio scorso, quando il legale ha presentato la richiesta di risarcimento per una mancata edificazione di dieci anni fa. Ma l’amministrazione Scanagatti ha deciso di resistere e giocarsi l’ultima carta portando tutto al consiglio di stato. Materia del contendere un permesso a costruire in zona Sant’Albino mai concesso, che vede sfidarsi due immobiliari (la Elisabetta srl e la Rosangela srl dell’impresa della famiglia Cappelluto di Loano e difese dall’avvocato monzese Bruno Santamaria) e il Comune di Monza nelle varie amministrazioni a più colori che si sono succedute dal 2004 ad oggi.

Passati due lustri, il tribunale lombardo si è pronunciato in maniera definitiva, tar-tassando l’amministrazione di Roberto Scanagatti: le due srl devono essere rimborsate dal Comune. Tra “il risarcimento del danno legato alla perdita dell’originaria destinazione dell’area” (classificata agricola dopo l’entrata in vigore del piano di governo del territorio approvato il 29 novembre 2007) e il calcolo della rivalutazione dal 2004 ad oggi, il gruppo savonese rappresentato da Santamaria chiede a piazza Trento Trieste 808.126 euro.

Il tormentone edilizio prende il via nel marzo del 2004 quando il Comune nega la richiesta dei savonesi del permesso a costruire in via Giovanni dalle Bande nere (nella foto), un’area dietro il complesso parrocchiale dove le due srl comproprietarie del terreno prevedono un volume edificatorio di circa 3.700 metri cubi.

«Il Comune- precisa Santamaria- ha risposto che era necessario un piano attuativo e ha dato parere negativo, ma sei anni dopo il tar ha dato ragione al privato». Partono i ricorsi , passano anni e si arriva alla sentenza del tar dell’aprile 2010 dove si dispone, tra l’altro, che «il danno dovrà essere determinato in via equitativa sulla scorta della differenza del valore che l’area aveva al momento del primo provvedimento inibitorio e al momento della delibera di approvazione del piano di governo del territorio».

Il Comune offre 170.303 euro, le due srl chiedono 2.830.000 euro. Il Comune si costituisce in giudizio chiedendo il rigetto dei ricorsi del privato e la conferma dell’esborso dei 170mila euro. Il tar nomina un commissario ad acta, il responsabile del Servizio prezzi della Camera di commercio di Milano per determinare il valore dell’area. Commissario che il 28 agosto del 2013 si fa da parte, dichiarando di «non essere munito delle competenze tecniche specifiche». Con la stessa motivazione declina l’incarico anche il successivo commissario ad acta nominato dal tar, il presidente dell’Osmi Borsa immobiliare, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano deputata al perseguimento della trasparenza e della conoscenza del mercato immobiliare.

Così quest’anno il tar ci riprova e nomina il direttore della direzione regionale Lombardia dell’Agenzia delle entrate-territorio. Che accetta. Il 7 marzo stima il valore dell’area in 791mila euro (data di adozione del primo provvedimento inibitorio del Comune) e 117mila euro (al 29 novembre 2007, data di approvazione del pgt). E determina in 674mila euro il danno derivante «dalla perdita dell’originaria destinazione residenziale».

Ultimo atto della pugna in data 4 dicembre 2014: il tar conferma che il Comune deve pagare. «La sentenza 2010 che condannava il Comune a dare un nuovo permesso di costruire o a risarcire- chiude Santamaria- è da tempo passata in giudicato e si trattava ora solo di liquidare il danno, visto che il Comune non ha voluto, nonostante i numerosi tentativi e offrendo la massima disponibilità, consentire l’edificabilità anche su un’altra area dei proprietà della società savonese. A questo proposito il tar aveva giustificato anche la procedura di specifica variante al pgt per consentire appunto l’edificabilità ingiustamente negata. Questa vicenda, ovviamente, porterà l’amministrazione comunale e i suoi responsabili dinanzi alla Corte dei Conti, posto che questo enorme esborso fuori bilancio (808.000 euro, ndr) non potrà non essere segnalato. I monzesi devono sapere che tutti questi soldi dovranno tirarli fuori loro».