Il 25 aprile 1945 a Monza: l’insurrezione con le SS dietro casa

Dalle giornate del 1943 all’insurrezione del 1945: ecco com’è andata la Liberazione a Monza. Quando Willy Tensfeld e le sue SS avevano occupato la Villa reale.
Il 25 aprile del 1945 a Monza
Il 25 aprile del 1945 a Monza

Villa reale, villa Blanc (in via Regina Margherita), l’ex casa Gil di via Turati, la caserma san Paolo, sono i principali luoghi che scrissero la storia della Resistenza partigiana a Monza. Pagine che raccontano di prigionie, di torture, di fucilazioni.


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A raccontarcele sono alcune pubblicazioni scritte sulla base delle testimonianze di partigiani sopravvissuti al tragico periodo della occupazione nazifascista. In una di queste, Gianfranco Bianchi ci racconta: “La Resistenza monzese per la situazione strategico-militare, la diversa componente operaia, la differente politicizzazione dei ceti sociali, appare diversa nell’azione che pur fu viva e operante anche prima del 25 luglio 1943. Nella città si era già costituito un “Fronte di Azione antifascista”, che pubblicava un foglio di informazioni ciclostilato: “Pace e Libertà” di cui fu animatore Gianni Citterio che sarà medaglia d’oro della Resistenza. Veniva stampato in una casa nei pressi di Olgiate Calco ad opera di Antonio Gambacorti Passerini. Tra gli aderenti al “Fronte” si ricordano Aldo Buzzelli, Enrico Farè, Amedeo Ferrari, Fortunato Scali, Rodolfo Crippa e Carlo Casanova (il farmacista Emilio e Aldo Diligenti daranno il via alla “Fiume Adda” con Giordano Cipriani, Mascetti e Contardo Verdi.

Dopo le effimere, esaltanti giornate del luglio 1943, ad armistizio avvenuto, Gianni Citterio incita alla lotta armata in piazza Carducci, dal balcone del palazzo municipale, avendo attorno, appunto, Buzzelli, Casanova, Fare, Ferrari, Ghisolfi, Scali. Le forze della Resistenza monzese si costituiscono ed operano prontamente, anche nel silenzio e tessendo nell’ombra le fila di una organizzazione capace di avviluppare il nemico. La città viene posta sotto il controllo delle truppe tedesche comandate dal generale Willy Tensfeld che, dal Comando di via Verdi a Villa Blanc (continuamente vigilato dalle sagome minacciose dei carri armati) aveva la responsabilità dell’intero settore militare della Lombardia, del Piemonte e della Liguria. Tensfeld proveniva dai quadri delle SS; aveva modi bruschi e si era guadagnata una trista fama con le sue crudeli repressioni in terra sovietica. Si aggiunga il Comando del Presidio fascista alla Villa Reale, e saranno evidenti le difficoltà in cui dovettero operare i monzesi, molti dei quali finiranno col raggiungere formazioni di montagna.

Il primo Cln monzese fu composto inizialmente da Luigi Fossati per la Democrazia Cristiana, da Enrico Farè per il Partito socialista e da Fortunato Scali per il Partito comunista; ma, a testimonianza delle difficoltà in cui si svolgeva la lotta clandestina nella città e in campagna, dovette essere completamente rinnovato, con la sostituzione di Fossati da parte di Giuseppe Vago, di Farè con Carlo Casanova e di Scali con Aldo Buzzelli. Infatti, i primi componenti dell’organizzazione dovettero allontanarsi da Monza, il rappresentante del Partito d’Azione, Dante Porta, fu ben presto arrestato e sostituito da Mario Luvolini. Un altro monzese, l’avvocato Giambattista Stucchi, già capitano del 5° Alpini, valoroso combattente della resistenza ossolana col nome di battaglia “Federici”, rientrato a Milano, dal febbraio del 1945 riprenderà le supreme funzioni militari di componente del comando generale Cvl con Raffaele Cadorna, Ferruccio Parri, Luigi Longo, Mario Argenton, Fermo Solari ed Enrico Mattei.

Con la città piena di truppe tedesche era consigliabile evitare azioni violente che potessero provocare dolorose rappresaglie ai danni della popolazione civile. Tuttavia, il Cln monzese fu in grado, nei giorni dell’insurrezione, di giungere al controllo di tutto l’agglomerato urbano. In un colloquio con il baldanzoso generale Tensfeld, che si era annunciato sotto burrascosi auspici, i responsabili politici, anche per l’opera di convinzione svolta da monsignor Arciprete, ottennero l’assicurazione che i reparti germanici sarebbero rimasti acquartierati nel loro comando per consegnarsi alle truppe americane in arrivo.

Valido interlocutore fu il dottor Tamagno Guidi, comandante delle Brigate Autonome Matteotti per la zona di Monza, il generale Tensfeld si era a lungo ostinato a non intavolare discussioni nè con l’Arcivescovado ambrosiano nè con il C.L.N.A.l. (neppure dietro le pressioni fasciste), perchè riconosceva un solo avversario, gli Alleati. Accettò tuttavia un dialogo con il dottor Tamagno Guidi che aveva attestato nella sua fabbrichetta di prodotti farmaceutici presso Monza le brigate partigiane a sua disposizione. Dopo ampie discussioni la tregua stava per essere siglata, quando intervennero disposizioni sulla resa globale dei tedeschi e alle 12,48 dello stesso giorno il generale Willy Tensfeld impartiva l’ordine di capitolazione a tutte le sue truppe.

Mentre dalla Brianza entravano in città le formazioni partigiane, i patrioti monzesi ottenevano la resa del Comando della Guardia Nazionale Repubblicana, prendevano possesso della Casa del fascio, facevano prigionieri i tedeschi asseragliati nelle Officine Strebel ed entravano d’impeto nella caserma San Paolo. In questa azione perdeva la vita Carlo Mengoni delle Brigate Matteotti. Il 25 aprile si insediava la nuova Amministrazione con sindaco Enrico Farè.

Potrà sembrare poco quanto è stato detto, ma anche in questo caso sarà sufficiente il crudo linguaggio delle statistiche: 83 partigiani caduti nei vari settori operativi, o scomparsi nei campi di eliminazione., da Carlo Beretta fucilato a Fondo Toce, a Giuseppe Gatti di Albiate e ad Angelo Barzago giustiziato a Pessano, dai tre eroici esponenti dell’antifascista “Fronte della Gioventù” Vittorio Michelini, Alfredo Ratti, Raffaele Criscitiello, stroncati dal piombo repubblichino alla Villa Reale, ai martiri di Fossoli, il piccolo industriale Enrico Arosio, l’umile operaio Ernesto Messa, gli impiegati Carlo Prina e Davide Guarenti e il già ricordato dottor Gambarotti Passerini, ai quali vanno aggiunti Enrico Bracesco (primo mutilato partigiano monzese deportato e caduto a Mauthausen), il giovane Flaminio Buzzi, Enrico Mentasti e Carlo Samiolo deceduti nel Lager nazista. Memorabile pure il sacrificio di Luigi Dell’Orto, Angelo Inzoli, Gianfredo Vignati e Pietro Colombo fucilati dai tedeschi per rappresaglia, religiosamente assistiti da mons. Giuseppe Baraggia.

Vogliamo concludere questa incompleta rassegna, ricordando la medaglia d’oro Enrico Citterio, comunista, caduto a Pieve Virgonte in Val d’Ossola con il suo comandante Filippo Beltrami e Alfredo Di Dio il 13 febbraio 1944, non meno che il marchese Ferdinando Tacoli, delle Divisioni d’Assalto Osoppo Friuli, medaglia d’argento, caduto nella zona di Adagliacco il 6 luglio 1944 mentre copriva il ripiegamento degli uomini della sua squadra. E così pure Enrica Sala, uccisa poco più che diciannovenne a Sovico il 17 febbraio 1945, unica donna monzese compresa nell’elenco dei partigiani caduti. « Essi morendo — come disse Giovanbattista Stucchi — hanno arricchito il nostro spirito della loro presenza vigile e silenziosa, che esercita un costante richiamo nel segreto delle nostre coscienze ».