I profughi della Lombardia sono i pendolari dell’elemosina

Per le statistiche è troppo presto, ma la cronaca parla chiaro: ogni giorno masse di richiedenti asilo migrano da una provincia all’altra, a caccia di piazze da colonizzare. L’inchiesta racconta i pendolari dell’elemosina.
Monza Venditori piazza Castello
Monza Venditori piazza Castello Fabrizio Radaelli

Per le statistiche è troppo presto, ma la cronaca parla chiaro: ogni giorno masse di richiedenti asilo migrano da una provincia all’altra, a caccia di piazze da colonizzare.

Come veri pendolari dell’elemosina, partono dagli appartamenti e dai centri di accoglienza gestiti dalle varie cooperative, viaggiano in treno, si spartiscono le piazze e i marciapiedi davanti a negozi, cimiteri e chiese. E spesso picchiano duro chi osa provare a rubare il loro angolo d’asfalto. Come è successo ad Arcore nel novembre scorso, quando un richiedente asilo del Lecchese ha osato piazzarsi sul sagrato della chiesa. L’avvertimento della mattina non è stato sufficiente. Poche ore dopo in quattro gli sono piombati addosso e lo hanno pestato a sangue mandandolo all’ospedale prima di dileguarsi.

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Pendolari della questua – Il pendolarismo della questua sta balzando all’attenzione di forze dell’ordine e istituzioni che sono propense a considerarlo frutto dell’iniziativa dei singoli e non di organizzazioni criminali. Chiedere l’elemosina non è un reato, ma viola il patto tra i richiedenti asilo e le cooperative che forniscono loro vitto, alloggio e indumenti. È soprattutto per questo, pare, che i migranti coinvolti chiedono la carità a diversi chilometri dai luoghi di residenza.

«Per la stragrande maggioranza, i questuanti che chiedono soldi in Brianza arrivano da Bergamo e provincia – spiega una fonte riservata appartenente alle forze dell’ordine – viaggiano in treno e alcuni si portano le biciclette per girare più facilmente. Il loro posto non lo cedono a nessuno. Lo affittano a connazionali quando sono assenti, ma se al rientro il supplente non sparisce, sono botte. Sempre».

I guadagni – D’altra parte, confermano più fonti, nei giorni buoni e nelle piazze strategiche, l’attività può generare discreti guadagni. «Da pochi euro arrivano a guadagnare anche 30, 40, perfino 50 euro al giorno – concordano le forze dell’ordine – dipende dal posto e dal giorno. I luoghi più ambiti sono gli esterni di pasticcerie, farmacie, market».

L’attività è strutturata. C’è chi cambia Comune a seconda dei giorni di mercato che, notoriamente, genera movimento nei centri storici. Martedì, mercoledì, venerdì ad Arcore; giovedì, sabato e domenica a Monza. La scelta dei luoghi dipende anche dalle dritte scambiate tra connazionali che magari si sono conosciuti a Lampedusa e che poi sono stati smistati in Lombardia. Sono soggetti che hanno vitto e alloggio garantiti, quindi cercano un surplus. Per questo sarebbero meno esposti al rischio di finire preda di caporali e del racket dell’elemosina. Almeno per ora.


«Gestori inadempienti» –
«Non tutti i gestori fanno quello che si potrebbe fare» per l’ospitalità dei profughi. La denuncia è di Marco Meregalli il coordinatore di Confcooperative della Brianza, la realtà che con con Agci e Legacoop lombarde ha sottoscritto con il ministero dell’Interno e Anci il “Codice della buona accoglienza dei migranti”.

Nel documento sono indicate le azioni che ogni associazione deve attuare tra cui l’organizzazione di corsi di italiano che impegnino i richiedenti asilo per almeno 10 ore la settimana e l’avvio di borse lavoro o tirocini per almeno il 20% degli ospiti. In Provincia la Carta è attuata dalle realtà che aderiscono alla rete Bonvena che garantiscono l’accoglienza di oltre un migliaio di profughi. I giovani, spiega Meregalli, hanno le giornate quasi totalmente piene: 3-4 mattine a settimana seguono le lezioni di italiano, destinano alcuni giorni alle pratiche burocratiche e dedicano il tempo restante perlopiù ai laboratori artistici e alle attività di volontariato. Alcuni migranti seguono attività di formazione anche in imprese artigiane mentre tra chi ha frequentato corsi per badanti e assistenti familiari o per addetti alla sicurezza c’è chi ha trovato lavoro come sorvegliante all’ingresso di alcune catene della grande distribuzione.

«È giusto – commenta Meregalli – che restituiscano alla comunità parte di quello che hanno ricevuto così come è giusto fornire loro le opportunità per costruirsi un futuro». La gestione dell’accoglienza, aggiunge il coordinatore di Confcooperative, rappresenta un’opportunità anche per gli italiani: a Monza e Provincia oltre un’ottantina di educatori e operatori è stata assunta nel circuito Bonvena.

Rete di solidarietà – Gli stranieri che, dopo il rifiuto delle domande di asilo, rimangono in Italia lo fanno perché possono contare sulle reti di solidarietà dei connazionali che, in molti casi, offrono anche lavori in nero nella ristorazione o nella distribuzione di volantini. In questo contesto non mancano fenomeni allarmanti: i gestori non escludono la possibilità che alcuni richiedenti asilo affidati ad agenzie che non applicano la Carta possano essere reclutati da individui, italiani o stranieri, che li sfruttano per chiedere l’elemosina sulle strade e all’esterno dei negozi. I profughi che cercano denaro in Brianza provengono, in genere, dal Bresciano.