Fiumi e torrenti della Lombardia assediati dalle centrali idroelettriche: il caso Lambro a Monza nel dossier Legambiente

Siccità e captazioni eccessive sono tra le cause principali di una forte contrazione della disponibilità di acque nella regione alpina, una condizione che rende indispensabile rivedere la gestione delle risorse naturali montane. È quanto emerge dal dossier Idroelettrico: impatti e nuove sfide al tempo dei cambiamenti climatici pubblicato da Legambiente
La centrale idroelettrica in costruzione a Monza nella zona della Cascinazza
La centrale idroelettrica in costruzione a Monza nella zona della Cascinazza

Siccità e captazioni eccessive sono tra le cause principali di una forte contrazione della disponibilità di acque nella regione alpina, una condizione che rende indispensabile rivedere la gestione delle risorse naturali montane. È quanto emerge dal dossier Idroelettrico: impatti e nuove sfide al tempo dei cambiamenti climatici pubblicato da Legambiente, che in 40 storie racconta l’impatto sul territorio degli impianti idroelettrici, mettendo in luce le problematiche connesse allo sfruttamento delle acque e il conflittuale rapporto tra incentivi alla produzione e norme spesso inefficaci di tutela dei fiumi.

«Occorrono regole capaci di tutelare i bacini idrografici avendo particolare attenzione per la fragilità dei tratti montani e la risorsa idrica. – sottolinea Lorenzo Baio, responsabile acque di Legambiente Lombardia – Il piccolo idroelettrico in Lombardia, benché produca molto meno del grande, determina la maggior impronta idrica in termini di portata e d’impatto sui corsi d’acqua, in quanto le derivazioni sono responsabili della desertificazione di ampie componenti del reticolo idrico, quasi sempre in aree estremamente sensibili. Per tutelarli davvero bisogna fare un salto di qualità nell’ottenimento dei parametri minimi per la sopravvivenza degli ecosistemi fluviali. Proponiamo dunque che il Deflusso Minimo Vitale, che si è rivelato inefficace a tutelare le condizioni di sopravvivenza di questi ambienti delicati, venga sostituito con il Deflusso Ecologico, un concetto maggiormente cautelativo per la salvaguardia dell’ecosistema fluviale».

I casi più spinosi

I casi più significativi in Lombardia riguardano la provincia di Sondrio con il torrente del Soè e dell’Avero, dove si registrano secche ed episodi di infiltrazione in subalveo. Il dossier segnala anche il totale prosciugamento di parte degli alvei del Fiume Spoel e dei torrenti Alpe Vago, Valle delle Mine, Lago del Monte e Trepalle, ai confini con la Svizzera e il torrente Liro, dove la criticità è dovuta ad un rilascio di DMV troppo basso e tale da determinare eventi di asciutta o scarsità d’acqua. Non da meno è la provincia di Lecco, dove sul torrente Varrone insistono ben quattro centrali concentrate lungo 8 km di percorso, con un prelievo d’acqua già a circa 50 metri dalla sorgente. Nel territorio della Brianza in sofferenza è in particolare il fiume Lambro, che da alcuni anni è oggetto di numerose richieste di derivazione e attualmente sono state completate 7 centraline lungo il suo corso determinandone un’accentuata artificializzazione e impedendone una possibile riqualificazione delle sponde.

Il fiume Lambro a Monza

«Da Ottobre 2016 è in atto la costruzione di una centralina idroelettrica sulla traversa posta nel Comune di Monza, in un’area appartenente al PLIS della Media Valle Lambro – si legge nel dossier -. Quasi tutto il corso del fiume è caratterizzato dalla presenza di traverse o briglie artificiali realizzate, nei secoli passati, per favorire l’alimentazione di canali artificiali a scopi irrigui o industriali. Queste strutture riducono moltissimo la possibilità di migrazione della fauna ittica. Da alcuni anni varie imprese private sfruttano o vogliono sfruttare la differenza di quota esistente tra il livello dell’acqua a monte ed a valle di questi manufatti».

«In particolare, l’area di intervento segnalata – continua la scheda -, è posta a valle di un’ampia area agricola denominata Cascinazza, nel territorio del Comune di Monza dove il fiume scorre, per oltre 1 km, all’interno di un’area con sponde ancora naturaliformi. Per la sicurezza dell’impianto sono state disboscate e artificializzate, con massi ciclopici, oltre 200 metri di sponda. Questo porterà sicuramente alla banalizzazione della vegetazione spondale e alla riduzione delle caratteristiche biotiche del corso d’acqua. Per fortuna la Regione Lombardia prevede l’obbligo di realizzare una scala di risalita dei pesci.

I numeri degli impianti

Se quasi tutti i grandi impianti sono stati costruiti nel ‘900, le nuove installazioni dell’idroelettrico, invece, sono pressoché esclusivamente riconducibili ad impianti ad acqua fluente, con potenza inferiore a 1 MW, distribuiti quasi sempre su corsi d’acqua di dimensioni ridotte e sempre più in quota. Tali impianti si calcola che tra il 2009 e il 2015 (periodo di studio considerato dal dossier) abbiano prodotto solamente il 2 per mille dell’energia primaria complessivamente consumata, il 5% dell’energia idroelettrica. Con questo ritmo si può supporre che gli oltre 2000 nuovi impianti in progetto in Italia con più di 3000 km di corsi d’acqua derivati potranno mettere fortemente a rischio fiumi, torrenti e rii per produrre quantità esigue di energia. Rimane inoltre l’incognita di cosa accadrà alle centinaia di centraline già distribuite sul territorio lombardo, qualora scomparissero gli attuali incentivi.

I cambiamenti climatici

Le condizioni di salute di fiumi e laghi dell’arco alpino e delle Prealpi sono fortemente condizionate dai cambiamenti climatici. Negli ultimi 150 anni le Alpi hanno registrato un aumento delle temperature di quasi 2 gradi centigradi: più del doppio della media globale dell’intero pianeta. Questi cambiamenti climatici stanno producendo consistenti effetti sul ciclo idrologico. La disponibilità delle risorse idriche nelle Alpi è in diminuzione, a partire da una forte contrazione dell’estensione e del volume dei ghiacciai, a cui si associa un aumento del rischio di frane e valanghe. Il repentino scioglimento di ghiacciai ha indotto nei corsi d’acqua variazioni delle portate, fonti preziose soprattutto nelle estati più torride e siccitose. Gli studi del Servizio Glaciologico Lombardo sul fiume Adda, portano a stimare una componente glaciale media nella portata nel periodo di fine estate pari al 10%-20%.

«Situazione non drammatica, ma….»

«La Lombardia, a parte le preoccupazioni sui livelli dei laghi di Garda e Idro, non si trova ancora in una situazione drammatica di siccità. – spiega Damiano Di Simine di Legambiente Lombardia – Ma non possiamo abbassare la guardia, perché in questi mesi stiamo utilizzando la riserva idrica fossile, quella dei ghiacciai, che appaiono destinati a estinguersi nei prossimi decenni a causa del cambiamento climatico. Sarà sempre più difficile affrontare le siccità senza questa scorta idrica, per questo l’agricoltura è chiamata a sviluppare strategie di riduzione delle proprie pressioni sulle risorse idriche». Per migliorare la situazione attuale la prima sfida da cogliere riguarda innanzitutto la qualità dei corpi idrici, che si dovrebbe ottenere con una piena attuazione della Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE, recepita con il D.Lgs 152/06) che prevede la necessità di raggiungere il “buono stato” ecologico dei corsi d’acqua. In Lombardia su 679 Corpi Idrici fluviali, solo il 33% presenta uno Stato Ecologico “elevato” o “buono” (15 con stato “elevato” e 176 con stato “buono”), mentre il restante 67% presenta condizioni ecologiche insufficienti a garantire questo obiettivo. Inoltre sui corpi idrici lombardi influisce la pressione antropica, che sul 75% di essi ha conseguenze significative per l’equilibro degli ecosistemi, in particolare a causa degli scarichi civili e degli sfioratori di piena che modificano i livelli di batteri e inquinanti presenti nelle acque, dell’uso idroelettrico e delle alterazioni della fascia riparia.