Elezioni, l’intervista a Roberto Rampi: le tre costanti del ko del Partito democratico

Un’analisi post elezioni amministrative. L’onorevole Roberto Rampi, vimercatese del Pd, prova a riprendere le fila dei risultati delle urne: a partire dalla sconfitta del Partito democratico a Monza.
Vimercate - Roberto Rampi
Vimercate – Roberto Rampi Max Spinolo/archivio

«Seppure nel Vimercatese il dato aritmetico mostri in vantaggio il centrosinistra, confermato in tre Comuni su quattro, è indubbio che la vittoria del centrodestra in una città come Monza sposti in suo favore il bilancio finale di queste elezioni». Così commenta i risultati della recente tornata amministrativa locale Roberto Rampi, ex sindaco di Vimercate e deputato del Partito democratico.

Monza nella scia degli umori nazionali, con il centrodestra in pieno risveglio?
«L’andamento nazionale è certamente elemento che interviene anche qui, e che deve essere posto al centro di una riflessione seria e costruttiva per il Pd. Sono tre le costanti che vedo all’opera. La prima è che la coalizione di centrodestra riesce a litigare straordinariamente su tutto e ad avere all’interno punti di vista anche valoriali distanti, eppure quando si presenta al voto, funziona. La seconda costante è che a noi succede il contrario, anche quando riusciamo magari faticosamente a ricompattarci. A Monza abbiamo prodotto una larga intesa, che ha incluso Articolo 1 ma anche Possibile, a sostegno di un sindaco che ha davvero ben governato, riportando Monza alla sua centralità e a un ruolo che supera i confini della Brianza. Eppure abbiamo perso, per un’incollatura, ma abbiamo perso. Tutto ciò fa riflettere»

La terza costante?
«Da qualche tempo a questa parte, tutte le amministrazioni uscenti hanno difficoltà alla riconferma. Un tempo il sindaco uscente, se non aveva commesso errori davvero gravi nel suo governo, andava in carrozza verso la riconferma, oggi arranca. Credo che il senso di sconfitta e di scontentezza, talvolta anche fondato su difficoltà drammatiche come la perdita del lavoro, porti tante persone ad avere legittime e però altissime aspettative verso chi governa, e il voto diventa rabbia, alla ricerca continua di nuovi interlocutori ‘risolutivi’. In altri casi emerge un approccio consumistico verso la classe politica, privo di appartenenza a un’idea di società e di sviluppo, caratterizzato dal forsennato cambiamento per il puro cambiamento».

Monza è storicamente una piazza conservatrice, ostica per un centrosinistra destinato a ‘blitz’ di soli 5 anni o la giunta Scanagatti paga non aver saputo narrare il proprio buongoverno?
«La giunta Scanagatti ha saputo comunicare bene e molto. Credo che la costante della discontinuità, alla quale ho accennato prima, sia esemplare per Monza dove, da molti anni, giunte di diverso colore si avvicendano di mandato in mandato. Detto ciò, è anche vero che Monza è una città dove l’elemento conservatore pesa parecchio. E in questa cornice Scanagatti e il Pd hanno registrato i migliori risultati tra i capoluoghi lombardi rubando questo primato a Sesto San Giovanni».

Cosa non ha funzionato?
«Il problema è che oltre il Pd rimane poco. Poca capacità di allargare lo schieramento. Il Pd ha preso oltre il 30 per cento in città, ben oltre la media nazionale, e la lista civica ha raggiunto il 6%, che va anche bene ma non basta. Viceversa Lissone e Cesano Maderno sono riusciti in una riconferma importante, per nulla scontata, che ha sconfitto quella ‘costante della discontinuità’ alla quale accennavo prima. È una situazione da studiare bene, che può insegnare molto anche a livello nazionale».

Il segretario nazionale Pd Matteo Renzi ha detto che queste elezioni dimostrano però che allargare a sinistra non è la strategia giusta.
«Credo intenda che non è un problema di formule: puoi sommare le liste ma se non c’è uno spirito coeso, non funziona. Padova insegna: si è creato un movimento civico e in questo contesto l’allargamento ha funzionato. Non dobbiamo chiuderci in un’autosufficienza del Pd, né guardare all’indietro. Ma esaminare caso per caso e riuscire ad aprirci a nuove energie, avere dialogo con le forze sociali del territorio, fare del partito un luogo di formazione e di servizio. Anche in realtà più piccole come Carnate e Lesmo, la capacità di aprirsi alla società è stata vincente. Per Carnate, mia città natale, sono doppiamente orgoglioso. Da quando vige l’elezione diretta del sindaco, da oltre 20 anni, Nava è il primo a essere riconfermato, e in una tornata con due sole liste, quindi conquistando davvero la maggioranza dei voti. A Sulbiate, il Pd ha saputo fare qualche passo indietro e lasciare spazio a forze nuove e vincenti».