“Diverso da chi?”: un’altra corrispondenza dalla cattoclinica

LEGGI Tutte le puntate - Diverso da chi?”, la rubrica di Nicolò Cafagna. Con franchezza e (molta) ironia racconta la sua vita con disabilità. Un’altra corrispondenza dalla cattoclinica.
“Diverso da chi?”: un’altra corrispondenza dalla cattoclinica

Tremate, tremate, la cattoclinica è tornata. Dopo aver narrato del mio sbarco nella Mecca sanitaria cattolica, oggi entreremo nel vivo del mio religioso ricovero.

Obiettivo: controllare se ho gambe e fiato, in particolare fiato (quanto alle gambe, le ho appese al chiodo giusto due decadi fa).

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Come a ogni ricovero, anche in questo, è il mio deretano l’assoluto protagonista: passo l’intera vita a sostenere che dietro all’esemplare di disabile c’è una persona da scoprire; qui – dove il concetto dovrebbe essere chiaro – passo il tempo a sostenere che sopra al deretano c’è sempre la persona di cui sopra.

Arrivato in camera, infatti, vengo subito rapito dell’infermiera e dalle sue bizzarre domande: «Ti scarichi con regolarità?», e il pensiero corre subito alla regina della regolarità Alessia Marcuzzi; «Ogni quanto?», «Tengo sempre il ritmo»; «Quando hai evacuato l’ultima volta?»: questa, con mia grande gioia, è la notizia di chiusura del TgM. Fortunatamente ho risposto correttamente e con dovizia di particolari a tutte le domande. Risultato: 30 e lode.

Dall’infermiera il testimone passa direttamente al mio dottore di fiducia, che, qualche ricovero fa, mi lasciò per la prima volta perplesso affermando: «Nicolò, sei una roccia». Perché mi chiesi che razza di idea avesse delle rocce. Comunque per non sapere né leggere né scrivere né camminare, evito di fare camminate in montagna con lui.

Al di là di questo, le sue parole sono risultate più delicate di quelle dell’infermiera, salvo però ricredersi: «Da quest’anno obbligatoriamente, su disposizione del Ministero della Salute, in tutti gli ospedali i pazienti dovranno sottoporsi a un tampone rettale sia in ingresso che in uscita». E questa è la seconda volta in cui mi lascia perplesso: in ingresso e in uscita di che cosa?

Forse è meglio non sapere. In ogni caso, pazienti d’Italia sappiate che da oggi potrete forgiarvi del titolo di “cornuti e mazziati”: prima ricoverati, poi in… (l’eleganza mi prega di non concludere il termine). Tuttavia inizia seriamente a preoccuparmi la deriva sadica cui strizza l’occhio il nostro ministero: che poi mi chiedo, questa raffinata idea non poteva venire al Ministero dell’Agricoltura? Almeno sarebbe stato un “problema” di mucche, maiali, capre eccetera; invece no, il fardello tocca ancora una volta a noi sofferenti: piove sempre sul bagnato.

Di sicuro vi starete anche domandando in che cosa consiste tal tampone, ma preferisco non entrare nell’argomento: mi dispiacerebbe rovinare, con succulenti dettagli, la sorpresa a chi di voi dovrà essere ricoverato in futuro. Allo stesso tempo mi pongo anch’io una domanda: a questa simpatica iniziativa dovevano pensarci proprio in prossimità della mia puntata? Comincio a pensare all’esistenza di un complotto che tenda a favorirmi.

A conferma, l’evento clou del ricovero: il Family Day. Ahimè, la febbre che quel giorno venne a trovarmi, non mi permise di seguire il necessario e imprescindibile evento, sul quale tengo comunque a dire la mia: Brunetta, Formigoni, Gasparri, Giovanardi e CasaPound, spero di essere stato molto chiaro. Dopodiché, il ricovero è proceduto placido come il mare d’inverno, se non fosse per quel sentimento nostalgico nei confronti dei ricoveri passati, quando mi sentivo come un boss mafioso in carcere.

Questa sensazione da capo clan derivava dai quei privilegi duramente conquistati, da quest’anno perduti per sempre: la possibilità di riunirmi nelle ore serali con i miei picciotti nella sala macchinette (utile al passaggio dei pizzini) e la concessione della cella singola. Questo declassamento a “paziente comune” mi ha gettato nello sconforto più totale, perché la condizione precedente – qualora fossi passato a peggior vita: del resto sono un uomo e avevo la febbre, quindi a un passo dal dipartire – mi avrebbe garantito un degno e, soprattutto, sfarzoso funerale nella casa del Signore (funzione, questa, che muoio dalla voglia di “subire” il più in là possibile).

Poiché, come l’esperienza insegna, sembra che il privilegio di tale cerimonia venga concesso senza imbarazzi a chi ha intrallazzi con amici e parenti di un certo Don Corleone, che mi auguro non sia un prete. In attesa di ovviare al problema, mi porto avanti e bacio le mani.

(*pubblicata su il Cittadino di Monza e Brianza il 10 marzo 2016)