“Diverso da chi?”: parliamo di Shoah

LEGGI Tutte le puntate - Diverso da chi?”, la rubrica di Nicolò Cafagna. Con franchezza e (molta) ironia racconta la sua vita con disabilità. Parliamo di Shoah.
“Diverso da chi?”: parliamo di Shoah

Dopo aver avvicinano gli esemplari di disabile agli animali, passiamo direttamente alla loro macellazione: l’ospite di questa puntata, infatti, sarà la Shoah, andata in onda tra il 1933 e il 1945 e alla quale anche i sofferenti hanno dato il loro contributo. Tuttavia, per questi ultimi sarebbe più opportuno parlare di olocausto – letteralmente, sacrificio durante il quale un animale veniva arso vivo -, termine più vicino ai fatti che andrò a narrare.

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Quanti di voi sono a conoscenza della “partecipazione“ disabile all’allegra brigata della Shoah? E quanti che furono proprio i miei predecessori – loro malgrado – a darle il via? Mentre io mi chiedo: siamo unanimemente considerati gli ultimi, proprio in questo caso dovevamo essere primi?

Che razza di sprovveduti, al punto che fummo anche gli ultimi: la macellazione, infatti, seppur per poco continuò anche dopo la caduta dei simpaticoni. In sostanza siamo stati la cerimonia di apertura e di chiusura della triste manifestazione.

Oggi scopriremo quello che è successo agli inutili disabili durante gli anni d’oro di Hitler e associati. Si avvisano i gentili lettori che allo scopo di rendere ancor più assurda l’infelice vicenda – già di per sé assurda – chiameremo il signore di cui sopra Gargamella (ricordate il cattivo dei Puffi?), i suoi amici gerarchi Birba (la gatta di Gargamella, nonché suo “gatto” destro) e la Shoah “il pentolone”, nel quale i disabili, al contrario dei Puffi, vi finirono dentro.

La storia prende il via un “bel” giorno, quando Gargamella decise di riunire tutti i suoi compagni di merende. All’ordine del pomeriggio c’era da decidere sulla futura Shoah: da chi partire, come dissimularla e come procedere.

Alla riunione il “Grande dittatore” si presentò con il suo album Panini personale, dove al posto dei calciatori c’erano le vittime designate: si comincia dalla pagina degli ebrei; a seguire gli omosessuali; poi i disabili – sia mentali, gli “indegni”, che fisici, gli “inguardabili”; i mendicanti; gli zingari e così via. Nel frattempo si erano create diverse squadre, chi sosteneva una pagina, chi l’altra; ognuno esponeva le proprie ragioni, questo finché non intervennero i supporter dei disabili, Birba Karl Brandt (il medico di Gargamella) e Birba Leonardo Conti (medico generale del Reich).

Le loro irragionevoli ragioni illuminarono subito Gargamella: sono inutili, poiché non producono; sono costosi da mantenere: hanno il terribile vizio di mangiare e di essere curati; rischiano di fare pessima pubblicità alla purezza della razza ariana: terribile colpa da espiare solo con l’eliminazione, compassionevole però.

Allora il dittatore sfoderò tutta la sua lungimiranza e disse alle Birba presenti: «Partiamo dagli indegni/inguardabili, perché sono un numero “dignitoso” (benché indegni di vivere) per fare una prova generale e fare esperienza, inoltre risparmiare farebbe comodo in guerra». Per poi concludere, a beneficio dei sostenitori delle altre pagine: «Dopodiché prometto passeremo agli altri, che nel frattempo potremmo simpaticamente umiliare e depredare». L’intervento si concluse con gli astanti che battevano le mani mentre facevano la ola, e tutti furono felici e contenti.

Gargamella voleva, infatti, procedere con criterio: «Prima sterilizziamo e poi macelliamo, perché le cose o si fanno bene o non si fanno affatto», disse solennemente. Al grande capo non andava proprio giù che gli americani avessero già sterilizzato 250mila disabili – perché quest’idea non fu affatto nazista, ma bensì svedese, giapponese, svizzera e a stelle e strisce. Lui ovviamente intendeva fare meglio: sterilizzarne di più e aggiungere la ciliegina sulla torta, la macellazione. A tal proposito l’assist gli venne servito da un cittadino/contadino, il cui figlio nacque cieco e senza un braccio: avete letto bene, era totalmente inutile, soprattutto per lavorare la terra. Il padre allora scrisse all’ufficio privato di Gargamella (e si, doveva sacrificarlo), al quale venne subito la bava alla bocca e mandò Birba Brandt a “risolvere” l’insostenibile problema.

Questo pose le basi: si cominciò dai più piccoli, poi gli adulti. Con i più grandi Gargamella ampliò il suo “pentolone” e attuò il vero e proprio piano: l’Aktion T4, dove la T stava per l’iniziale della via che ospitava il quartier generale dell’umano progetto (l’ente per la salute e l’assistenza sociale), nonché la via dello zoo di Berlino: ed ecco gli animali fare il loro trionfale ritorno…

Tra due settimane entreremo nel (de)merito del progetto.

(*pubblicata su il Cittadino di Monza e Brianza il 10 dicembre 2015)