“Diverso da chi?”: mai sfidare Cristo a un duella da Far west (soprattutto se entrambi immobilizzati)

LEGGI Tutte le puntate - Diverso da chi?”, la rubrica di Nicolò Cafagna. Con franchezza e (molta) ironia racconta la sua vita con disabilità.I controlli “antidoping” di routine e il tema religioso.
“Diverso da chi?”: mai sfidare Cristo a un duella da Far west (soprattutto se entrambi immobilizzati)

“Per quest’anno non cambiare, stessa clinica stesse suore”. Chiedo venia a Mr. Focaccia per il riadattamento religioso sanitario della sua marittima canzone, ma è necessario all’introduzione di questa puntata.

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All’ordine del giorno troviamo il mio recente ricovero per i controlli “antidoping” di routine, che consistono nel verificare la mia condizione respiratoria. Da buon francesino agnostico (il fanatico della distrofia di Duchenne, dubbioso sull’esistenza dei piani superiori) scelgo sempre una clinica con un alto tasso cattolico.

Preparati armi e bagagli, il 27 gennaio si è tenuto il mio personale D-Day: puntuale eccomi davanti all’ingresso della religiosa clinica, quando all’improvviso mi ricordai che quel giorno ricorreva la Giornata della memoria (dimenticarsi il giorno della memoria è preoccupante) e questo mi spinse a una seria riflessione: un sofferente, nel giorno della sofferenza per antonomasia, viene ricoverato nel luogo della sofferenza massima. Meglio di così…

Varcata la soglia nell’indifferenza generale – essere un esemplare di disabile tra tanti altri è deprimente -, noto il primo cartello, che vieta l’ingresso con il passamontagna, il burqa e il casco. Tuttavia sembra permesso poter entrare in moto, fare una rapina o farsi esplodere. Perplesso, mi accingo a percorrere il tragitto che dall’ingresso mi porta dritto in stanza.

La prima tappa del tour ha come protagonista l’immancabile chiesetta, che richiama un gran numero di sofferenti: tra ictus, aneurismi, infarti, incidenti, malattie rare e non, c’è l’imbarazzo della scelta, tant’è che la messa clou – quella domenicale – viene proiettata nel salone d’ingresso (manco fosse la nazionale).

Percorro qualche metro e incontro la seconda tappa, nella fattispecie una suora. Dopo i soliti convenevoli, si premura di dirmi di chiamarla per qualsiasi cosa, al che la ringrazio e lei, giustamente, risponde: «Prego». E certo è una suora, anche se non c’è bisogno di rivendicare continuamente la propria vocazione.

Terza tappa l’area ascensori, che ospita il cartello più divertente: “Il rispetto per i sofferenti e per la casa richiede un conveniente abbigliamento dei visitatori”. Questo, però, fa a pugni con il pensiero del saggio Albanese: “u pilu” non fa mai male, anzi un po’ di gambe tirano su il morale delle truppe, e non solo… inoltre non so se si era notato in precedenza, ma la definizione di “sofferente” mi piace al punto che mi sta proprio qui. Indispettito giro le ruote e vado ad impattare contro lo stendardo della Beata Giovannina Franchi: oh per fortuna c’è qualcuno che non soffre (più), beata lei.

Finalmente entro in ascensore, ma che ansia. E non è finita qui: mancano le montagne, altrimenti che tour sarebbe? Sto per raggiungere la stanza quando scorgo Lei, l’Immacolata, la star incontrastata della clinica. A Lei è stato riservato un angolo tutto suo (quanti vizi, queste star…). Ormai pronto a prendere i voti, affronto l’ultima tappa: entro in camera e chi trovo ad attendermi? Ovviamente Lui, l’uomo in croce e dal grande conflitto di interessi: padre falegname e i crocifissi quasi tutti in legno.

Passano 48 ore e realizzo di aver puntato il dito contro il potente sbagliato (questo significa fare il giornalista), che mi ha punito surriscaldandomi: febbre a 38. Questo, a sua volta, mi ha costretto a letto con Lui davanti ai miei occhi.

Come potrete ben immaginare, l’obbligata convivenza cominciò subito a nuocere a entrambi: urgeva quindi ristabilire l’equilibrio in stanza. Per dirimere la questione, da veri sofferenti, optammo per una sfida da pistoleri in stile Far West. A entrambi è parsa un’ottima idea, ma trascurammo un particolare: chi avrebbe fatto la prima mossa, quando è l’immobilismo a regnare sovrano?

(*pubblicata su il Cittadino di Monza e Brianza del 18 febbraio 2016)