Decine di Thun falsi venduti come veri a Monza e Brianza: grossista a processo

Quel Thun sulla mensola? Potrebbe essere un falso. Decine di negozianti di Monza, Vimercate, Caponago, Brugherio, Carate Brianza, Varedo, Veduggio con Colzano si sarebbero riforniti da un grossista cinese di Monza, ora a processo.
Thun
Thun Lucia Ferrajoli

Avrebbero acquistato da un grossista cinese e rivenduto alla clientela pezzi contraffatti Thun, l’azienda del noto marchio di oggetti da collezione, articoli da decoro interni e idee regalo. Una storia molto curiosa per la quale sono finiti nei guai una ventina di negozianti della provincia di Monza Brianza.
In realtà l’indagine condotta dalla Procura di Monza si è estesa anche fuori dalla provincia visto che tra gli imputati c’è anche un commerciante della provincia di Cremona.

In questi giorni la faccenda è finita nelle aule del tribunale di Monza, davanti al giudice Alessandro Rossato (la Procura è rappresentata dal Vice Procuratore Onorario, Paola Zimbaldi). La figura chiave del procedimento sarebbe quella di un grossista cinese, classe 1972, residente a Monza. Il grossista sarebbe la “fonte” degli acquisti fraudolenti effettuati nel 2011 dai commercianti della provincia.

E sono davvero diversi, complessivamente 22, disseminati tra Vimercate, Caponago, Brugherio, Cologno Monzese, Monza, Varedo, Veduggio con Colzano, gli esercenti che si sarebbero riforniti dal grossista “incriminato”.

Secondo la ricostruzione della Procura di Monza, il grossista di origini asiatiche, legale rappresentante della società, avrebbe avuto nei suoi depositi 11.184 oggetti di ceramica di varia natura, raffiguranti fiori, animali e quant’altro, che “usurpavano i titoli di proprietà industriale appartenenti alla Thun”. La fantastica collezione con le sue centinaia di inconfondibili statuette, marchio di fabbrica dell’azienda nota in tutto il mondo, contraffatta. L’oggettistica con tutti i suoi pregevoli pezzi, studiati per la casa, avrebbero inondato il mercato brianzolo attraverso la vendita dei negozi i cui titolari si erano rivolto al grossista cinese.

È probabile che la convenienza del prezzo abbia spinto gli esercenti, imputati nel processo, ad acquistare la merce che si è successivamente rivelata un falso clamoroso. La vendita, peraltro, sarebbe avvenuta in modo del tutto regolare: forse in buona fede gli esercenti avevano acquistato gli oggetti in ceramica, forti anche della regolare fattura che avrebbero ricevuto dal grossista per ogni acquisto. C’è ad esempio il caso di un negoziante di Carate Brianza che avrebbe acquistato nel 2011 ben 142 pezzi di ceramica Thun, oppure la negoziante di Cologno monzese che ne aveva acquistati 45. Sono sfilati in aula diversi commercianti che hanno raccontato le modalità degli acquisti.