Come votano i sindaci di Monza e Brianza al referendum del 4 dicembre

Nessuno aveva fatto dichiarazioni controcorrente: i sindaci brianzoli sembrano pronti a rispettare gli ordini impartiti dalle scuderie per il referendum costituzionale del 4 dicembre.
Il voto dei sindaci di Monza e Brianza al referendum
Il voto dei sindaci di Monza e Brianza al referendum Redazione online

Nessuno aveva fatto dichiarazioni controcorrente: i sindaci brianzoli sembrano pronti a rispettare gli ordini impartiti dalle scuderie per il referendum costituzionale. Il 4 dicembre i rappresentanti del centrosinistra voteranno sì, quelli del centrodestra no. A questi ultimi si aggiungerà il vimercatese Francesco Sartini, unico esponente del Movimento 5 Stelle eletto a Monza e dintorni.
Il Cittadino li aveva interpellati a un mese dal voto – per l’ultimo numero di ottobre – e questo è quello che ne era uscito.

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Guai, però, a dipingere il quadro a tinte più nette di quel che in realtà è: le posizioni sono molto più sfumate di quel che il tabellone lascia intuire. Non tornano, innanzitutto, i conti: su 58 primi cittadini interpellati 30 sono per il sì, 13 per il no ma 15 non prendono posizione.

Tra loro c’è chi non ha ancora terminato la riflessione, chi deve completare la valutazione nel merito del testo di revisione della Costituzione e chi preferisce non esprimersi. Quel che è evidente è che tra gli indecisi ci sono perlopiù esponenti del centrosinistra: tra le eccezioni spicca il limbiatese Antonio Romeo, per alcuni mesi consigliere regionale azzurro prima di lasciare il Pirellone per tornare alla guida della città. L’elenco è composto da amministratori di comuni piccoli o medi: tra loro, però, spuntano di nuovo Romeo mentre il brugherese Marco Troiano, inizialmente riservato sulla sua scelta, ha poi deciso per il sì.

Tra i rappresentanti del Pd si dichiarano per il sì i renziani della prima ora, i renziani convertiti e chi renziano non lo è mai stato come il monzese Roberto Scanagatti, presidente di Anci Lombardia che all’ultimo congresso ha sostenuto Gianni Cuperlo, o come il cesanese Gigi Ponti, presidente della Provincia vicino a Enrico Letta. Proprio Ponti era apparso più che tiepido nei confronti di una riforma che cancellerebbe gli enti intermedi dalla Costituzione.

Se nessuno ha da ridire sull’abolizione del Cnel i fronti opposti continuano a darsi battaglia sugli altri punti chiave della riforma: la cancellazione del bicameralismo paritario attraverso la creazione di un Senato con cento componenti non eletti dai cittadini ma dalle Regioni e con competenze diverse rispetto alla Camera. La modifica, secondo i favorevoli, ridurrà i costi della politica e velocizzerà i tempi di approvazione delle leggi mentre, secondo i detrattori, complicherà l’iter dei provvedimenti a fronte di risparmi quasi irrilevanti.