Caso Ponzoni, le motivazioni scritte della sentenza

La sentenza dei giudici monzesi si era basata in prevalenza su “elementi indiziari”, e non su “prove dirette” della corruzione fra pubblici ufficiali e privati. Le motivazioni della sentenza che ha dimezzato la pena a Ponzoni, ridotto quella di Brambilla e assolto Perri.
Massimo Ponzoni
Massimo Ponzoni FABRIZIO RADAELLI

Una certa “capacità di influenza” del desiano Massimo Ponzoni sulla “attività amministrativa dei due pubblici ufficiali Brambilla e Perri” c’era, almeno in “linea generale”. Ma la sentenza dei giudici monzesi che in primo grado gli avevano inflitto 10 anni e mezzo di carcere si è basata in prevalenza su “elementi indiziari”, e non su “prove dirette” della corruzione fra pubblici ufficiali e privati.

Lo scrivono i giudici della seconda sezione della Corte d’Appello (Piffer-Lo Curto-Galli), nelle motivazioni della sentenza che, 3 mesi fa, ha dimezzato la pena a Ponzoni (difeso dagli avvocati Luca Ricci e Sergio Spagnolo), ridotto quella dell’ex assessore all’urbanistica Antonino Brambilla (da 5 a 3 anni) e dell’uomo d’affari Filippo Duzioni, e ancora assolto l’ex direttore dell’ufficio tecnico del comune Rosario Perri (assistito dagli avvocati Raffaele Della Valle e Donatella Rapetti).


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Il punto nodale della sentenza di secondo grado, nel riformare quella dei giudici monzesi, è che non è stata riconosciuta corruzione in merito all’approvazione del Pgt di Desio nel 2009, ma soltanto per le vicende relative al piano attuativo dello stesso piano.
“Alcuni elementi valorizzati dal tribunale a fondamento della condanna non sono stati provati; altri, pur provati, non sono stati valutati criticamente in rapporto a quanto emerso nel processo”, si legge nel provvedimento.

L’istruttoria ha comunque fornito “plurime conferme, in linea generale, di contiguità e confidenza tra Ponzoni, Brambilla e Perri”, dicono i giudici, i quali però sottolineano anche come i loro colleghi monzesi abbiano “utilizzato in modo selettivo le prove, sindacando in modo inammissibile nel merito amministrativo”. I presunti vantaggi ottenuti da Brambilla e Perri per aver assecondato le esigenze del privato (nella fattispecie Duzioni) “spinto” da Ponzoni, consistiti nella promozione a ruolo di assessore provinciale a Monza, in realtà derivarono da un accord a “livello di segreteria regionale del Pdl” e non solo dal ruolo di Ponzoni come coordinatore provinciale del partito.

Provata invece la corruzione sul piano attuativo, in relazione all’area sovrastante il collettore principale di bonifica Alto Lambro tra Seregno, Muggiò e Desio. In questo ambito, i giudici definiscono “opaco e compiacente l’atteggiamento dell’amministrazione comunale”, che ha approvato il piano attuativo sulla base della mera ‘aspettativa’ di acquisizione delle aree di terzi”, dando “suggerimenti” al privato per permettergli “l’avvio del procedimento”.